Nel 2025 il nostro paese avrà bisogno dell’aiuto di circa 2milioni e 288mila persone che si dedichino al lavoro di assistenza famigliare e domestica. Ad affermarlo è il terzo rapporto pubblicato da Assindatcolf e dal Centro Studi e Ricerche Idos, autore della ricerca “Il fabbisogno di manodopera italiana e straniera nel comparto del lavoro domestico in Italia. Stima 2023-2025 per regioni”.
Il report 2024 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico” include nella stima degli oltre 2milioni di lavoratrici e lavoratori, non solo le famiglie che hanno già chi lavora per loro con un contratto regolare, ma anche tutte quelle persone vorrebbero assumere e non sono riuscite a farlo. Un esempio concreto è dato dall’ultima sanatoria del 2020, la cosiddetta sanatoria Bellanova, dal nome della ministra che la propose.
Nel calcolo, presentato da Assindatcolf e Idos, il fabbisogno delle collaborazioni famigliari sarebbe pari a circa 1milione e 25mila persone, quello delle domestiche a oltre 1milione 262mila. In entrambi i casi se si va a vedere la proporzione delle nazionalità è palese come buona parte di questa richiesta di welfare occupazionale sia soddisfatta da persone di origine straniera. Con punte alte che arrivano fino all’85% per le collaboratrici famigliari in Emilia Romagna e Lombardia.
Il ruolo centrale delle migrazioni
Il presidente del Centro studi e ricerche Idos, Luca Di Sciullo, sottolineando la crisi demografica e l’invecchiamento del nostro paese, afferma come le due criticità hanno necessità di una risposta che guardi verso il mondo delle migrazioni: le persone migranti «potrebbero dare un apporto ancora più apprezzabile se si razionalizzassero le politiche sull’ingresso e la permanenza regolare degli stranieri in Italia, e in particolare quelle spesso contorte che ne normano l’inserimento occupazionale, dalla rilevazione del fabbisogno di manodopera straniera alla determinazione delle quote, alla chiamata nominativa al buio, al click day, all’asseverazione di sostenibilità economica e alla verifica della indisponibilità di lavoratori italiani».
Se pur vero questo ragionamento, rimane la preoccupazione che, a risposta di un bisogno di welfare occupazionale, in Italia si finisca per segregare le persone con altra nazionalità ai lavori di assistenza e cura. Finendo per ghettizzarne le professionalità, soprattutto per quel che riguarda le donne, che di fatto rappresentano in questo settore il numero più alto delle persone occupate.