Questo articolo è uscito nel numero di Nigrizia di luglio 2024.
Caro Alex,
ho visto che il 7 giugno ti sei incatenato a un albero davanti al municipio di Napoli. Il gesto, ho letto, è parte della tua lunga lotta per l’acqua pubblica. Cosa è successo a Napoli? E soprattutto, a 13 anni dal referendum del 2011, come siamo messi rispetto al riconoscimento dell’acqua come bene comune che l’esito di quella consultazione popolare aveva sancito? (Barbara Damiani)
Più di uno sarà rimasto meravigliato dal fatto che io mi sia incatenato davanti al comune di Napoli in difesa di sorella acqua. L’ho fatto per difendere con i denti Acqua bene comune (Abc), la società che gestisce questa risorsa fondamentale della città di Napoli, unica grande realtà italiana ad aver obbedito al dettame referendario del 2011.
Il 9 marzo 2015 il Consiglio comunale partenopeo aveva affidato, infatti, la gestione dell’acqua ad Abc, azienda speciale e strumento giuridico con cui non si può fare profitti ma solo utili da reinvestire sempre sulla rete idrica o per promuovere interventi che contribuiscano ad alleviare la penuria d’acqua che si osserva in molti paesi del Sud globale.
Fu così quindi che, come già accennato, Napoli divenne l’unica città italiana a mettere in pratica gli esiti della celebre consultazione popolare del 2011. Il 12 e 13 giungo di quell’anno, infatti, 26 milioni di italiani votarono affinché l’acqua uscisse dal mercato e non si potesse più fare profitto su un bene tanto prezioso.
Partendo da quel voto popolare così chiaro, i comitati napoletani e campani hanno fatto grande pressione sul consiglio comunale partenopeo per far sì che rispettasse la volontà della gente. Nel 2015, la giunta guidata dal sindaco Luigi de Magistris aveva quindi deliberato di dare seguito al referendum con il modello azienda speciale, una formula che è studiata e ammirata in tutta Europa.
Invece, lo scorso anno il governo della premier Giorgia Meloni ha decretato che lo strumento dell’azienda speciale non può più essere utilizzato in questo paese. Risulta chiaro, quindi, l’intento di privatizzare questo bene così fondamentale. L’attuale sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ci aveva assicurato di voler proseguire con Abc.
Invece, giorni fa, i comitati sono rimasti scioccati da una delibera di giunta che, secondo il professore Alberto Lucarelli, esperto in materia, «smantella Abc. La delibera modificante lo statuto dell’azienda la colpisce nelle sue fondamenta, eliminando dalla governance cittadini e ambientalisti, la previsione del bilancio economico partecipato, e ridimensionamento nel numero e nelle funzioni il cosiddetto parlamentino dell’acqua pubblica».
Davanti a tutto questo, ho sentito la spinta a fare un gesto forte per richiamare l’attenzione del cittadino. Mi sono incatenato davanti al comune e insieme al professor Lucarelli e ai comitati dell’acqua abbiamo tenuto una conferenza stampa a cui hanno partecipato tanti giornalisti ed emittenti televisive, anche straniere. L’impatto è stato molto forte in città. Non possiamo mollare perché l’acqua è il bene supremo che abbiamo, un bene scarso e gravemente minacciato dalla crisi climatica.
La disponibilità d’acqua dell’Italia diminuirà in modo drastico nei prossimi anni. Quand’è che il popolo italiano si sveglierà per difendere quello che papa Francesco ha definito, nella Laudato si’, «il diritto alla vita»?