«Una piccola vittoria simbolica per la giustizia in Algeria». Così il giornalista algerino Mustapha Bendjama ha accolto il parere che il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha espresso sul suo caso e quello del ricercatore GI-TOC algero-canadese Raouf Farrah.
Per chi avesse ancora dei dubbi, il gruppo di cinque esperte ed esperti chiarisce: Bendjama e Farrah furono detenuti arbitrariamente. Arrestati a febbraio 2023, erano stati coinvolti nell’affaire Amira Bouraoui che aveva provocato una crisi diplomatica tra Algeri e Parigi.
Il parere è stato adottato nel marzo scorso durante la 90esima sessione d’incontro del gruppo ONU. Pubblicato il 10 giugno, è stato diffuso sui canali social il 22 luglio da MENA Rights Group, ong di avvocati che ha contribuito all’indagine onusiana svolgendo la sua funzione di advocacy legale e portando il gruppo di lavoro a riconoscere l’arbitrarietà della detenzione del giornalista e del ricercatore.
«È imperativo sfruttare tutte le vie di ricorso disponibili contro l’ingiustizia e l’arbitrarietà, perché questo è l’unico modo per porre fine un giorno a tutto ciò», ha dichiarato Mustapha Bendjama a Nigrizia, dicendosi ancora più determinato a non cedere ai soprusi dello stato algerino.
La definizione di arbitrarietà
Il gruppo di lavoro ONU intende per “arbitrario” una definizione più ampia che va oltre il mero “contrario alla legge”. Per orientarsi nell’analisi delle diverse situazioni di privazione della libertà, fa riferimento a cinque categorie.
Nei casi di Mustapha Bendjama e di Raouf Farrah, ha ritenuto che rientrassero nella categoria I, quando è impossibile invocare qualsivoglia base giuridica per giustificare la privazione di libertà; nella II, se la libertà viene privata in reazione all’esercizio dei diritti garantiti dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici, posto che gli stati lo abbiano ratificato (come nel caso dell’Algeria); e nella III, quando le norme internazionali riguardanti il diritto a un giusto processo sono totalmente o parzialmente inosservate, tali da rendere arbitraria la privazione di libertà.
In tali circostanze, il gruppo ONU ha invitato il governo algerino ad adottare tutte le misure necessarie per indagare e rimediare alla violazione dei diritti di Bendjama e Farrah. Ha richiesto, inoltre, che l’Algeria si allinei alle norme internazionali e che, proprio in conformità a esse, accordi al giornalista e al ricercatore una forma di risarcimento.
Il paese maghrebino dovrà informare il gruppo di lavoro di aver ricevuto le sue raccomandazioni e di aver fatto il possibile per intervenire e correggere tutti i casi in cui le persone si trovino private della propria libertà arbitrariamente.
I casi Bendjama e Farrah non sono isolati
Come abbiamo documentato nel corso dei mesi, Mustapha Bendjama è stato rilasciato lo scorso aprile dopo quasi 15 mesi di prigionia, mentre Raouf Farrah è libero da ottobre 2023.
Le loro detenzioni sono state il risultato di sviste e accuse sommarie che dovrebbero far interrogare sul funzionamento della giustizia algerina e sulla sua indipendenza dal potere politico. Il parere dell’ONU potrebbe in questo senso rappresentare un non trascurabile precedente, considerando che le detenzioni arbitrarie non si sono mai arrestate.
A inizio luglio, per esempio, è stata arrestata la docente universitaria e attivista per la causa Amazigh, Mira Moknache, assieme ad altri 15 attivisti come Sofiane Ouali e Toufik Belala, avvocati e membri del Collettivo di difesa dei detenuti d’opinione.
Il 23 luglio, invece, è stato condannato a sei mesi di reclusione Mohamed Tadjadit – “il poeta dell’Hirak” –, attivista trentenne tra i più vessati dal regime: ha affrontato ben 5 processi dal 2019 al 2024, accumulando più di 30 mesi complessivi di detenzione.
Nonostante la quasi naturalezza e impunità con cui agisce la repressione in Algeria, la motivazione a resistere non manca. Come testimonia Mustapha Bendjama, che riporta: «Col mio team di avvocati sto preparando una serie di denunce, sia alle autorità giudiziarie nazionali che agli organi dell’ONU. Spero sinceramente che tutti questi passi abbiano successo e contribuiscano a promuovere il rispetto delle libertà individuali e collettive in Algeria».