Si è svolto in diretta sull’emittente televisiva pubblica della Rd Congo e alla presenza del ministro della Giustizia, Constant Mutamba, la prima udienza del processo per crimini di guerra e alto tradimento contro gli esponenti del gruppo politico-militare Alliance Fleuve Congo (AFC) e del suo leader Corneille Nangaa, ex presidente della Commissione elettorale indipendente (CENI) della Repubblica democratica del Congo che è latitante fuori dal paese.
In settimana Nangaa è stato sottoposto a sanzioni da Stati Uniti (per la seconda volta nella sua vita) e Unione Europea per il suo ruolo nel fomentare conflitti, instabilità e violazioni dei diritti umani.
Il ministro Mutamba ha definito «storico» il procedimento in corso a Kinshasa. L’AFC del resto è una creatura recente nel decennale conflitto che investe l’ Rd Congo e soprattutto le sue province nord-orientali, ma è un attore significativo perché si è voluto proporre come forza contenitrice di tutte le ribellioni e le ingerenze che alimentano questa guerra , all’origine di una delle peggiori crisi umanitarie del pianeta.
L’ex presidente della CENI ha fondato il suo gruppo a Nairobi lo scoro dicembre, chiamando a raccolta tutti i gruppi armati e le organizzazioni attive nell’est del Rd Congo con l’obiettivo esplicito di rovesciare il governo del presidente Félix Tshisekedi e quindi di «salvare» il paese ad una gestione definita, fra le altre cose, corrotta, inefficace, contraria ai principi stabiliti dalla Costituzione e ingiusta.
Asse orientale
Nangaa ha selezionato come suo alleato principale la milizia dell’M23. Il gruppo armato – e con lui il governo e le forze armate del vicino Rwanda, come messo nero su bianco il mese scorso dal gruppo di esperti sulla Rd Congo delle Nazioni Unite -, è protagonista di un’offensiva nella provincia del Nord Kivu che in circa tre anni è arrivata a isolare il capoluogo Goma e a causare la fuga di oltre 1,5 milioni di persone.
Meglio tornare al processo però, prima di approfondire come ci si è arrivati. Innanzitutto, la prima udienza che si è svolta mercoledì nel tribunale militare di Kinshasa/Gombe è stata poi subito rinviata a ieri, 25 luglio, per permettere agli avvocati della difesa di consultare con più tempo gli atti.
Gli imputati del procedimento sono 25. Di questi, ben 20 sono in contumacia. Oltre a Nangaa infatti, non si trovano nella capitale congolese, ovviamente, anche tutti i maggiori dirigenti dell’M23, dal leader politico Bertrand Bisimwa, che era invece a Nairobi durante l’atto di fondazione dell’AFC, al capo militare Sultani Makenga.
Secondo quanto riportato dalla stampa locale e da quella franconfona, fra le accuse agli imputati ci sono crimini di guerra, partecipazione a un movimento insurrezionale e alto tradimento. I reati contestati sono connessi alla fondazione dell’AFC e alle attività che sono state svolte per crearlo e per espandere la sua rete.
Uno degli imputati presenti a Kinshasa infatti, Éric Nkuba Malembe, fra i fondatori e finanziatori dell’AFC, ha già confermato che sia lui che Nangaa si sono recati in Uganda dopo aver creato il loro gruppo politico-militare. Nel paese, da sempre attore interessato negli affari dell’oriente congolesi, avrebbero dormito in alloggi messi a disposizione addirittura da Muhoozi Kainerugaba, figlio del presidente Yoweri Museveni.
Diversi altri imputati hanno riferito di legami di vario tipo fra l’AFC e il Rwanda. Anche in questo, Nangaa e il suo AFC si confermano pietra angolare fra tutti gli attori che cercano di destabilizzare le provincie orientale della Rd Congo. Il governo di Kigali è accusato da tempo da Kinshasa di sostenere l’M23 con l’obiettivo di indebolire il paese e di sottrargli le numerose risorse minerarie di cui è ricco.
Un’accusa questa, che è stata ampiamente corroborata dal già citato report di esperti dell’ONU. Gli autori del documento si sono spinti ancora più in là, affermando che il governo del presidente Paul Kagame ha inviato nell’est della Rd Congo fino a 4mila militari.
Nel rapporto dell’ONU si parla anche dell’AFC e dei suoi rapporti con Kigali. Quest’ultima avrebbe visto molto di buon occhio la nascita di questa nuova organizzazione eversiva, vista come un’opportunità per ridimensionare la sua visibilità nelle questioni congolesi, legittimare l’M23 e al contempo farlo percepire come una realtà appunto congolese, e non come una milizia proxy del Rwanda.
Nel report degli esperti si sostiene però che alla fine Nangaa ha di fatto fallito nel suo intento, non essendo riuscito a coalizzare tutti gruppi eversivi contro Kinshasa.
I provvedimenti di Usa e Ue
Fallimentare o meno, la sua spericolata operazione politica gli è valsa le sanzioni di USA e UE. Poche ore dopo l’inizio del processo, il dipartimento del Tesoro di Washington ha imposto penalità a Nangaa, già sanzionato nel 2019 con l’accusa di aver minacciato le istituzioni democratiche del paese quando era alla guida della CENI, e tutto l’AFC. Sia il politico che l’ente sono ritenuti responsabili di «voler rovesciare il governo della Rd Congo» e di «alimentare l’instabilità politica, i conflitti violenti e lo sfollamento della popolazione».
Tutte le proprietà dei soggetti citati presenti negli USA sono da adesso congelate, così come sono proibite le transazioni fra questi e cittadini statunitensi. Nella nota con cui si comunica la decisione, il governo USA ribadisce come l’M23 si già sotto sanzioni da anni. È oggetto di penalità dallo scorso dicembre invece, la milizia nota come Twirwaneho, attiva nel Sud Kivu e pure affiliata all’AFC.
Anche l’Unione Europea ha adottato oggi delle misure restrittive contro Nangaa, l’AFC, esponenti dell’M23 e anche un membro dell’esercito rwandese, per un totale di nove individui e un ente, considerati «responsabili di atti che costituiscono gravi violazioni e abusi dei diritti umani nella Repubblica democratica del Congo e di aver alimentato il conflitto armato, l’instabilità e l’insicurezza» nelle sue province orientali.