Nel tragico conflitto che da oltre un anno sta devastando il Sudan sono come sempre i più deboli – bambini, donne ed anziani – a pagare il prezzo più alto. Come denuncia, in riferimento alle violenze subite dalle donne nella capitale, un corposo e dettagliato rapporto pubblicato il 28 luglio da Human Rights Watch (HRW).
«Le Forze di supporto rapido (RSF) di Mohamed Hamdan Dagalo (Hemeti), hanno violentato, stuprato anche in gruppo e costretto al matrimonio innumerevoli donne e ragazze nelle aree residenziali di Khartoum, la capitale del Sudan», ha denunciato Laetitia Bader, vicedirettrice per l’Africa di HRW.
«Il gruppo armato ha terrorizzato donne e ragazze ed entrambe le parti in conflitto hanno impedito loro di ricevere aiuti e servizi di supporto, aggravando il danno che devono affrontare e lasciando loro la sensazione che nessun luogo dia loro sicurezza».
Il rapporto di HRW documenta la diffusa violenza e schiavitù sessuale, testimoniata dal diretto racconto delle vittime, e da interviste con 42 operatori sanitari, assistenti sociali, consulenti, avvocati e operatori locali.
Il rapporto descrive inoltre le devastanti conseguenze sulla salute fisica e mentale delle vittime, oltre a denunciare l’impatto distruttivo degli attacchi all’assistenza sanitaria da parte delle due parti in guerra, e il blocco degli aiuti umanitari da parte delle Forze armate sudanesi (SAF).
Numerosi operatori sanitari hanno fornito assistenza medica diretta o supporto psicologico alle vittime della violenza. Hanno affermato, tra l’altro, di essersi presi cura, tra l’inizio del conflitto nell’aprile 2023 e il febbraio 2024, di un totale di 262 sopravvissute a violenza sessuale di età compresa tra 9 e 60 anni.
Le conseguenze fisiche, psicologiche, mentali e sociali subìte da molte donne, secondo il rapporto, sono immense. Molte hanno manifestato sintomi di stress post-traumatico e depressione, inclusi la tentazione al suicidio, ansia, panico e insonnia.
«Ho conversato con una giovane violentata che aveva appena scoperto di essere incinta di tre mesi – ha dichiarato uno psichiatra – era chiaramente traumatizzata e tremante, aveva paura di come avrebbe reagito la sua famiglia e mi ha detto: “Se scoprono la mia situazione, mi uccideranno”».
Secondo il rapporto, le RSF hanno rapito donne e ragazze e le hanno confinate in case e altre strutture da loro occupate a Khartoum, Bahri e Omdurman, sottoponendole a violenza sessuale e altri abusi, spesso davanti ad altri familiari.
Benché in numero minore, vengono denunciati vari casi perpetrati da soldati dell’esercito, non solo riguardanti violenza alle donne ma anche a ragazzi e uomini adulti, durante la detenzione.
Entrambe le parti in conflitto, inoltre, hanno intimidito, detenuto arbitrariamente e attaccato medici, infermieri e volontari del pronto soccorso.
I donatori internazionali e gli stati membri delle Nazioni Unite, in particolare quelli della regione – scrive il rapporto -, dovrebbero continuare a sostenere le inchieste internazionali su questi crimini, anche da parte della Missione internazionale indipendente, per accertare e documentare i crimini di guerra riportati.
Crimini contro le donne che non riguardano, purtroppo, solo la capitale Khartoum, ma sono frequenti in tutte le zone di guerra del paese, come documenta anche un altro rapporto, diffuso il 23 luglio dal network Strategic Initiative for Women in the Horn of Africa (SIHA).