Si complica lo scenario che da ormai otto mesi vede contrapporsi Somalia ed Etiopia a causa di un accordo firmato da Addis Abeba con la regione separatista del Somaliland, in base al quale Hargeisa concederebbe parte della costa in cambio del riconoscimento di indipendenza.
Ad aumentare le tensioni tra i due paesi è l’ingresso di un terzo attore, l’Egitto, che il 14 agosto ha firmato un’intesa di cooperazione militare con Mogadiscio, che include la fornitura di addestramento e di equipaggiamento all’esercito somalo.
Il Cairo, inoltre, dovrebbe subentrare ai militari etiopici dell’ambito della nuova missione di supporto e stabilizzazione dell’Unione Africana (AUSSOM) che da gennaio dovrebbe prendere il posto della dismessa ATMIS.
Un avvicendamento che non piace alle autorità della regione di Gedo, nello stato occidentale di Jubaland, al confine con l’Etiopia, che hanno dichiarato chiaramente che non accetteranno la presenza di militari egiziani nel loro territorio. E che se questo avverrà saranno considerati forze nemiche al pari di al-Shabaab.
Il colonnello Ali Abshir dell’esercito nazionale somalo, attualmente impegnato a difendere la regione di Gedo, ha criticato l’Egitto per la sua mancanza di supporto durante le crisi in Somalia, suggerendo che l’interesse del Cairo per il paese del Corno è emerso solo dopo che le tensioni con l’Etiopia sono aumentate a causa della diga GERD.
«Non permetteremo a nessuno di usarci come intermediari per creare conflitti e minacciare la sicurezza dei nostri vicini. L’Etiopia è la nostra vicina e rimarrà tale», ha aggiunto, sottolineando i forti legami tra Somalia ed Etiopia, in particolare nella lotta contro gli al-Shabaab.
Dichiarazioni ribadite anche da funzionari regionali di Gedo, tra cui Ali Juba, portavoce dello stato di Jubaland: «L’Egitto non dovrebbe usarci come pretesto per attaccare l’Etiopia», ha affermato.
Una posizione questa che potrebbero adottare anche altri stati federali, nel timore che il dispiegamento di forze egiziane possa portare a ulteriore instabilità.
Egitto ed Etiopia sono da tempo ai ferri corti per il mancato accordo sull’utilizzo delle acque del Nilo, dopo l’avvio della Grande diga della rinascita (GERD) che l’Etiopia ha realizzato sul Nilo Azzurro, importante affluente del grande fiume, vitale per l’economia egiziana.
Appare dunque sempre più complicata l’opera di mediazione della Turchia tra Mogadiscio e Addis Abeba, il cui secondo ciclo di colloqui indiretti si era concluso senza accordi il 13 agosto, con un nuovo round previsto il 17 settembre prossimo.
Milizie etniche sostenute dal Cairo?
A preoccupare è anche un’altra notizia, per il momento ancora da confermare.
Il sito d’informazione Borkena, con sede in Canada, sostiene di aver ricevuto informazioni secondo cui l’Egitto starebbe lavorando per creare un gruppo armato formato da forze speciali della regione Somala, che copre il lungo confine orientale dell’Etiopia con la Somalia (e con il Somaliland).
La fonte anonima afferma di vivere nella regione somala dell’Etiopia e di avere informazioni dall’interno del governo regionale. A suo dire “l’Egitto sta cercando di creare nuovi gruppi ribelli armati nella regione Somala e sta valutando di utilizzare i membri della polizia speciale somala per questo scopo”.
La fonte sostiene inoltre che “621 forze speciali della polizia regionale hanno attraversato il confine con la Somalia”.
In passato l’Egitto è già stato altre volte accusato di usare la Somalia come campo di battaglia per procura contro l’Etiopia, nel 1964, 1977 e negli anni ’90.