Foto di benvenuto, una cena di inaugurazione e per finire un discorso dell’oste, il presidente cinese Xi Jinping. Tutto qui quanto previsto per la prima giornata del Forum sulla cooperazione Cina-Africa (FOCAC) 2024, che si svolge a Pechino dal 4 al 6 settembre. Una manciata di ore per vedere se questo summit segnerà un momento di svolta tra i due macro-partecipanti (insieme rappresentano sui 2,8 miliardi di abitanti) o se si rivelerà solo una vetrina diplomatica dalla scarsa sostanza. Intanto qualche dato di base.
24 anni di summit
Il FOCAC si tiene ogni 3 anni, alternando una capitale africana a quella cinese come luogo di svolgimento. L’ultima edizione è stata ospitata da Dakar nel 2021. Ma causa covid-19, si era svolta prevalentemente da remoto. Il primo summit, invece, risale al 2000, un anno dopo l’annuncio cinese della strategia ‘’Going out’’, finalizzata all’investimento estero delle imprese di Pechino. L’Africa faceva pienamente parte di questo progetto e già nel 2009, la Cina aveva spodestato gli Stati Uniti dal ruolo di primo partner commerciale del continente africano. I loro legami commerciali si sono ulteriormente approfonditi con l’arrivo, a partire dal 2013, della Belt and Road initiative (BRI, nota anche come Nuova via della seta), il maxi-programma infrastrutturale di Pechino volto a favorire la distribuzione delle sue merci nel mondo.
L’altalena dei prestiti
L’Africa era considerata un partner strategico. Di conseguenza, dal 2013 al 2018, le casse cinesi hanno erogato prestiti a paesi africani ad un volume record. Una media di 10 miliardi di dollari l’anno, con un picco nel 2016 di 28,8 miliardi di dollari, hanno finanziato grandi infrastrutture lungo tutto il continente africano. Autostrade, porti e centrali energetiche sono spuntate a ritmi mai visti prima. Nel 2018, il FOCAC è diventato di fatto uno strumento di coordinamento dei progetti legati alla Nuova via della seta.
Poi, a partire dal 2019, il flusso dei prestiti si è contratto nettamente. Grane economiche interne alla Cina e la pandemia di Covid-19 sono state tra le principali cause del rallentamento sui prestiti, che hanno visto una riduzione per sette anni di fila. Solo nel 2023, sono tornati ad aumentare, toccando i 4,61 miliardi di dollari. Lontano dai fasti passati, ma pur sempre il triplo rispetto al 2022.
Cosa vuola la Cina
Di certo è passata l’ubriacatura da grandi infrastrutture. Xi Jinping ha adottato dal 2021 la politica del “small but beautiful” (piccolo ma bello) per evitare prestiti e investimenti troppo rischiosi. La stampa internazionale prevede che tra i nuovi temi spinti da Pechino dovrebbe esserci la vendita di tecnologie green. Non mancherà l’occasione per discutere anche di soggetti classici, come l’accesso alle risorse minerarie (litio e cobalto in testa), oltre a progetti legati alla formazione, l’istruzione e le infrastrutture.
Cosa vogliono i paesi africani
Tra i bisogni trasversali africani, emerge la necessità di ridurre il deficit nella bilancia di commercio, attraverso l’aumento delle esportazioni. Del resto, nel summit di Dakar 2021, la Cina si era impegnata ad importare 300 miliardi di dollari di beni all’anno di prodotti dall’Africa. Un obiettivo che non è stato lontanamente raggiunto e che i delegati africani gradirebbero vedere messo di nuovo come priorità.