Lo Stato islamico in Somalia ha acquisito un’importante influenza finanziaria e operativa, e il suo leader, Abdulqadir Mumin, potrebbe essere diventato il nuovo capo globale del gruppo jihadista.
Lo afferma un rapporto pubblicato ieri dall’International Crisis Group (ICG) secondo cui l’IS-Somalia è in grado di finanziare operazioni terroristiche in altri paesi africani.
La branca somala ha la sua base nelle montagne di Cal Miskaat, nella zona di Bari, nella regione semi-autonoma nordorientale del Puntland.
Il gruppo – che conta circa 500 combattenti, molti dei quali stranieri provenienti per lo più da Etiopia, Kenya, Tanzania o da paesi arabi come lo Yemen -, ha mantenuto fino ad oggi un profilo basso per quanto riguarda gli attacchi terroristici, a differenza della sua controparte legata ad al-Qaida, al-Shabaab, che controlla gran parte della Somalia meridionale e centrale.
L’IS-Somalia, fa notare ICG, sembra tuttavia svolgere un ruolo sproporzionato, seppur ancora vago, nelle operazioni globali dello Stato islamico.
Il gruppo “si è ritagliato un ruolo all’interno della più ampia rete dello Stato islamico, in particolare quando si tratta di fungere da hub finanziario tra alcuni degli affiliati e altre parti dello Stato islamico”, afferma Omar Mahmood, ricercatore senior dell’International Crisis Group.
Il report ricorda che lo Stato islamico ha ristrutturato le sue operazioni africane nel 2020, mettendo sotto la sorveglianza della branca somala gli affiliati della Repubblica democratica del Congo e del Mozambico.
Dal punto di vista economico l’IS-Somalia raccoglie denaro con un racket di estorsioni nella città portuale di Bosaso e grazie all’esportazione di piccole quantità di oro provenienti dallo sfruttamento di miniere informali locali. Un business che avrebbe fruttato 6 milioni di dollari dal 2022, secondo gli Stati Uniti.
Il gruppo somalo, scrive ancora ICG, gestisce anche il trasferimento di fondi tra una serie di uffici e cellule collegate allo Stato islamico. “I resoconti delle Nazioni Unite suggeriscono che l’organizzazione ha convogliato denaro dal nucleo territoriale tradizionale dell’IS in Iraq e Siria, verso affiliati in Africa, così come dalle sue casse ad altre filiali”.
L’emergere della branca somala come un ingranaggio chiave nella rete finanziaria globale dello Stato Islamico preoccupa gli Stati Uniti che hanno intensificato le operazioni di controterrorismo e militari.
Nel gennaio 2023, l’esercito statunitense ha condotto un raid nel Puntland in cui è stato ucciso Bilal al-Sudani, il presunto facilitatore chiave del centro amministrativo regionale dello Stato islamico, denominato Al-Karrar. “Non è chiaro in quale misura l’operazione abbia interrotto i rapporti finanziari della rete – scrive ICG – ma sembra che l’IS-Somalia sia riuscita a ricostruirli”.
Lo scorso maggio gli USA hanno colpito nuovamente, uccidendo tre militanti ma mancando il principale obiettivo, il leader Abdulqadir Mumin.
I funzionari statunitensi sospettano che Mumin sia diventato silenziosamente il capo globale dello Stato islamico l’anno scorso. Cosa che spiegherebbe il rafforzamento dei gruppi affiliati nell’Africa occidentale, nel Sahel – la provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico e lo Stato islamico nel grande Sahel – e in altre zone del continente, tra cui Mozambico, Uganda e Rd Congo.
Si spiegherebbe così anche un’ondata di voci provenienti dalla Somalia secondo cui l’emiro dell’IS, Abu Hafs al-Hashemi al-Qurashi, avrebbe viaggiato dalla Siria o dall’Iraq e poi attraverso lo Yemen fino al Puntland.