Botswana: l’ex presidente Khama torna dall’esilio e va dai giudici
Botswana Politica e Società
Accusato di 14 capi di imputazione, ha intanto ottenuto la sospensione di un mandato di cattura
Botswana: l’ex presidente Khama torna dall’esilio e va dai giudici
L'ex capo di stato è un acerrimo nemico del presidente Masisi
16 Settembre 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 5 minuti
Il presidente Ian Khama, Foto da Flickr

Scossone politico nel Botswana che si prepara alle prossime elezioni generali, previste fra poco più di un mese.

A scuotere il conto alla rovescia in vista delle consultazioni, le 14esime dall’indipendenza strappata dalla Gran Bretagna nel 1966, in programma il prossimo 30 ottobre, è stato il rientro in patria dopo tre anni di auto esilio dell’ex presidente Ian Khama, su cui in Botswana pendono 14 capi di accusa per diversi reati fra i quali possesso illegale di armi da fuoco.

L’ex capo di stato, alla guida del paese dal 2008 al 2018 per due mandati, è il protagonista di una forte rivalità politica con il suo successore, l’attuale presidente Mokgweetsi Masisi.

Lo scontro fra i due leader si è acceso negli ultimi cinque anni, dopo che nel 2018 era stato lo stesso Khama a nominare Masisi alla guida del suo partito e ad aprigli le porte della presidenza con le sue dimissioni.

Adesso l’ex capo di stato è tornato a varcare i confini nazionali per affrontare «in forma definitiva» le questioni legate al procedimento giudiziario ai suoi danni, così come si legge su un comunicato pubblicato su X dalla sua Ski Khama Foundation.

Un primo risultato sembra averlo già ottenuto. Venerdì scorso i giudici della corte regionale della capitale Gaborone hanno sospeso i due mandati di cattura che erano stati spiccati contro l’ex presidente per non essersi presentato in tribunale per rispondere alle accuse, formulate per la prima volta nell’aprile 2022.

Il processo contro Khama si basa su fatti avvenuti nel 2016 ed è stato avviato dalla giustizia del Botswana quando l’ex capo di stato già viveva fuori dal paese. Khama, che è stato anche un generale dell’esercito, ha sempre denunciato il procedimento come politicamente motivato.

La campagna elettorale

Ed è probabilmente politica anche la vera ragione del ritorno in patria dell’ex presidente, figlio del primo capo di stato del Botswana indipendente, Seretse Khama, al potere nel neo nato stato africano dal 1966 al 1980.

Nei prossimi giorni infatti, il principale impegno dell’ex capo di stato sarà fare campagna elettorale per il Botswana Patriotic Front (BPF), il partito che lui stesso ha fondato nel 2019 dopo essere uscito dal Botswana Democratic Party (BDP) passato sotto la guida di Masisi (per sua decisione, come detto). Quest’ultima formazione guida il paese africano dall’anno dell’indipendenza.

A confermare alla stampa le intenzioni di Khama è stato il segretario generale del BPF, Lawrence Ookeditse, come si legge sul sito dell’emittente Voa.

«Khama è stato molto coerente nel dire che avremmo prodotto un ribaltamento in queste elezioni e che lui sarebbe stato sul campo a fare campagna per il BPF; la nostra intenzione è fare tutto il possibile per spingere verso un cambio di regime democratico », ha affermato il dirigente.

L’inizio delle tensioni fra Khama e Masisi segue di poco l’investitura di quest’ultimo come presidente.

Fra i suoi primi provvedimenti, l’attuale capo dello stato ha licenziato alcuni dirigenti cari al suo predecessore e cancellato alcune sue leggi capisaldo, come la norma che introduceva un divieto di caccia, nel paese dove vive la più numerosa popolazione di elefanti al mondo.

Le relazioni fra i due sono poi andate peggiorando, e Khama ha più volte accusato il presidente di tendenze autoritarie, mentre il capo dello stato lo incolpava a sua volta di corruzione.

Nel 2021 infine, Khama ha deciso di rimanere a vivere in Sudafrica, dove si era recato per delle visite mediche e dove ha risieduto fino al suo ritorno in patria la settimana scorsa, lamentando rischi concreti per la propria incolumità se fosse rimasto in Botswana.

Sempre per simili timori, l’ex presidente ha anche rinunciato a una scorta fornita dallo stato a cui avrebbe avuto diritto, preferendo pagare di tasca propria per la sua sicurezza.

Paese modello

Il Botswana è uno dei paesi più politicamente stabili dell’Africa, la sua popolazione può far conto su uno dei pro capite più alti del continente mentre Gaborone figura fra i primi posti per molti indicatori relativi allo stato di salute della democrazia e della buona governance.

A partire da quelli relativi alla corruzione percepita, parametro rispetto al quale il Botswana fa meglio di diversi paesi europei (Italia compresa), stando a quanto certificato dall’ultima istantanea dell’indice di Trasparency International.

Il paese è anche ritenuto un modello positivo per l’Africa per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali: essere il primo produttore al mondo di diamanti insieme alla Russia non si è trasformato infatti in una maledizione per Gaborone, come successo in diverse altre capitali africane con altre materie prime, ma è stato invece il propellente di una costante crescita economica.

Nonostante questo, il consenso del partito che governa il paese da 60 anni è in calo e la corruzione inizia a essere percepita come un problema per il paese, come si evince da un recente sondaggio di Afrobarometro .

Per il partito di governo le maggior minacce alle urne di ottobre provengono dalla coalizione dell’opposizione nota come Umbrella for Democratic Change (UDC), in cui è anche confluito il BPF di Khama, e dal Botswana Congress Party.

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