Venerdì 13 settembre in Tunisia migliaia di cittadini sono scesi nella piazza principale della capitale, Avenue Habib Bourguiba, per protestare contro la deriva “autoritaria” del regime di Kais Saied. Secondo quanto riportato da Reuters, si è trattato di una delle manifestazioni più partecipate dalla occupazione del potere, avvenuta nel luglio 2021.
I manifestanti hanno accusato il presidente Saied di instaurare una dittatura e di tentare di manipolare le elezioni presidenziali del 6 ottobre attraverso arresti e intimidazioni nei confronti dei suoi rivali.
La manifestazione è stata organizzata dalla Rete tunisina per i diritti e le libertà, una coalizione progressista fondata il 4 settembre e composta da 11 organizzazioni della società civile e 9 partiti politici.
La protesta è stata preceduta da una serie di arresti che hanno coinvolto più di 80 attivisti e membri anziani del partito islamico Ennahda. Secondo la portavoce del partito, in una dichiarazione rilasciata a Tunmedia, tutti gli arrestati hanno più di 60 anni.
Anche Amnesty International oggi denuncia un aumento della repressione dei diritti in vista del voto.
Trombe rabbiose e pagate
La risposta di Saied è arrivata tramite un comunicato, in cui, pur sottolineando la promessa di ripristinare il funzionamento delle istituzioni pubbliche come in passato, ha etichettato i manifestanti come «trombe rabbiose e pagate».
L’ex professore di diritto costituzionale ha aggiunto che le loro manifestazioni sono avvenute sotto la protezione delle forze di sicurezza nazionale, che prova che le loro accuse di “dittatura” sono infondate.
Saied non ha perso l’opportunità di ricordare ai suoi concittadini che il paese è impegnato in una lotta per la liberazione e la purificazione delle istituzioni interne, che erano state vittime di corruzione prima del suo arrivo (soprattutto durante il decennio tra il 2011 e il 2021).
Possibilità di elezioni non riconosciute?
Il giorno dopo la protesta, è iniziata formalmente la campagna elettorale, secondo le date stabilite all’Alta autorità indipendente per le elezioni (ISIE).
In una corrispondenza ottenuta in esclusiva da Tunmedia, il tribunale amministrativo ha emesso una direttiva rivolta all’ISIE sul rifiuto di reintegrare il candidato Mondher Znaidi.
La comunicazione ufficiale avverte l’ISIE che la mancata osservanza «porterebbe a una situazione illegale che contraddice la legge elettorale, il principio di trasparenza del processo elettorale e l’integrità delle sue procedure».
Tuttavia, una dei componenti dell’ISIE, Najla Abrougui, ha dichiarato a Mosaique FM che è impossibile «tornare indietro», sostenendo che il ricorso del tribunale «non ha alcun significato, perché il processo elettorale è iniziato in modo legale, definitivo e ufficiale».
Una delle possibilità in campo, allora, è che il tribunale amministrativo non riconosca le elezioni e i suoi risultati se non ci sarà il reintegro di Mondher Zenaidi, Abdellatif Mekki e Imed Daimi. Di certo c’è solo il caos.
Zammel ancora in corsa nonostante i 35 imputazioni penali
Il candidato accettato, ma attualmente detenuto, Ayachi Zammel, è il candidato ufficiale alle elezioni che ha subito più denunce penali: 35 i procedimenti a suo carico.
Nonostante le restrizioni giudiziarie, Zammel ha insistito nel non ritirarsi dalla corsa, come confermato in un video registrato prima del suo arresto.
Il suo team ha presentato i punti principali del suo programma elettorale in una conferenza stampa e sui canali social, tra cui lo scioglimento di tutte le assemblee istituite dal regime di Saied, la stesura di una nuova Costituzione, una “riconciliazione nazionale” e l’innalzamento del reddito minimo dei cittadini a 6mila dollari all’anno.
Un dibattito televisvo?
Il 12 settembre, il candidato in corsa Zouhair Meghzaoui ha rilasciato un’intervista al canale Al Mayadeen. Durante l’intervista, ha criticato l’arresto del suo avversario Zammel e il rifiuto di adottare le decisioni giudiziarie del tribunale amministrativo.
Meghzaoui ha anche sollecitato un dibattito tra i candidati, come avvenuto nelle elezioni presidenziali del 2019. Inoltre, l’ex sostenitore – nel 2021 – delle politiche restrittive di Saied ha messo in dubbio l’indipendenza dell’ISIE, poiché i suoi membri sono stati selezionati da Saied stesso.
In difesa della sua candidatura e dell’efficacia delle elezioni come strumento di cambiamento politico, il leader nazionalista arabo ha sottolineato che le numerose restrizioni imposte ai candidati dimostrano che Saied ha paura della concorrenza.
Ha anche affermato che coloro che sono al governo attualmente sono consapevoli della loro crescente impopolarità.
Guardia costiera per l’Italia
Meghzaoui ha sollevato dubbi sull’autenticità dei discorsi sovranisti di Saied, osservando che gli accordi con l’Unione Europea e l’Italia hanno trasformato la Tunisia in una sorta di guardia costiera mediterranea per queste due realtà.
Questa opinione è in linea con quella dell’avvocatessa Sonia Dahmeni, incarcerata e condannata a 8 mesi.
Equilibrio tra parlamento e presidenza
Meghzaoui ha confermato che, se eletto, annullerà il decreto 54 contro la libertà di espressione e revisionerà la Costituzione scritta da Saied nel 2022, per restituire più potere al parlamento in un regime presidenziale.
Inoltre, prevede di reintrodurre strumenti legali per garantire la supervisione e la responsabilità del capo dello stato.