Il pensiero decoloniale ha ridotto la letteratura e più in generale la cultura africana alla sola lotta fra ribelli e alienati, coloro cioè che non vogliono o possono liberarsi del giogo coloniale che pesa sulle loro menti. Di fatto, il colonialismo è l’unico punto di riferimento concettuale che ha per capire l’Africa.
La tesi che sostiene il giornalista e analista senegalese Elgas nel suo I buoni risentimenti è controversa fin dalle premesse. L’autore lo sa, e per questo nelle quasi 200 pagine del suo libro non abbassa mai l’asticella della polemica.
Condotta però senza eccessi linguistici, e con uno stile evocativo ma puntuale. Elgas, “imputato perfetto” nel processo agli alienati, senegalese residente in Francia e curatore di una rubrica su Rfi, tra i megafoni mediatici di Parigi in Africa, analizza numerosi grandi autori della letteratura africana francofona e l’impatto delle critiche decoloniali sui loro lavori.
Si sofferma inoltre su due padri nobili (o forse “cattivi maestri”) della filosofia decoloniale, Cheick Anta Diop e Frantz Fanon. Da ultimo, Elgas propone un’alternativa alle criticità che vede nel pensiero decoloniale: se nella decolonizzazione è insita la deformazione epistemologica prodotta dal dominio europeo, meglio immaginare una incolonizzazione, una valorizzazione dell’apporto africano alla cocreazione della modernità che rifiuta qualsiasi idea di vittimismo ma anche qualsiasi idealizzazione di un passato mitico.
E che per questo chiede uno sforzo intellettuale costante, come quello che l’ideologia del risentimento non può permettersi.