Un torto lungo 50 anni che viene finalmente sanato: addio a quella che molti chiamano “l’ultima colonia d’Africa”.
Dopo decenni di tensioni e conflitti legali infatti, Regno Unito e Repubblica di Mauritius hanno raggiunto un accordo per la cessione a quest’ultima della sovranità sulle isole Chagos, un insieme di atolli da cui gli abitanti originari sono stati deportati in massa fra gli anni 60’ e ’70 per far posto a una base militare britannica e statunitense tutt’ora in funzione.
Londra ha deciso quindi di attenersi a quanto già stabilito dalle Nazioni Unite in almeno due diverse occasioni: un parere consultivo della Corte di giustizia internazionale del 2019 e una successiva risoluzione non vincolante dell’Assemblea generale lo stesso anno.
L’accordo però, che deve essere ancora tradotto in un trattato ufficiale, rischia di lasciare diverse zone oscure.
Innanzitutto, la base militare, situata sull’isola di Diego Garcia, sarà soggetta alla sovranità di Mauritius ma resterà di fatto sotto il controllo britannico per un periodo iniziale di 99 anni.
Fa discutere poi, come denunciato da attivisti della diaspora, il mancato coinvolgimento di diverse comunità degli esuli chagossiani nei negoziati che hanno portato a questa, comunque storica, decisione.
Una lunga storia
Le Mauritius, situate nel cuore dell’Oceano Indiano, circa 900 chilometri a est del Madagascar, hanno raggiunto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1968. Tre anni prima, Londra aveva deciso di separare amministrativamente le isole Chagos e di creare quello che da lì in poi sarebbe stato chiamato Territorio britannico dell’Oceano Indiano (BIOT).
Il passaggio è stato suggellato dal pagamento di tre milioni di dollari alle autorità dell’allora colonia mauriziana ma secondo quanto tradizionalmente affermato da Mauritius, la cessione delle Chagos è stata usata come ricatto in cambio della concessione dell’indipendenza.
Nel 1966 un accordo fra USA e Regno Unito ha portato alla creazione di una base militare gestita in forma congiunta dai due paesi su uno degli atolli, appunto Diego Garcia. In cambio di questa concessione, la Gran Bretagna ha ottenuto uno sconto di 14 milioni di dollari sull’acquisto di missili.
Dopo anni di pressioni e violenze, fra il 1971 e il 1973 tutti gli abitanti originari dell’isola, fra le 1300 e le 2000 persone (mentre Londra ha a lungo sostenuto la tesi che le isole fossero disabitate) sono stati deportati dal loro luogo di origine, soprattutto verso Mauritius e Seychelles.
Comunità di chagossiani si sono poi stabiliti anche in Inghilterra, principalmente nel Sussex e a Manchester. Sia abitanti delle isole che autorità delle Mauritius hanno denunciato la Gran Bretagna presso vari organi di giustizia e su vari aspetti e, come detto, tutta la storia che ha seguito l’indipendenza è stata costellata di tensioni.
«Una vittoria storica»
Tornando all’intesa, i governi di Londra e Port Louis ci sono arrivati dopo due anni e 13 round di negoziati. Secondo il premier mauriziano Pravind Jugnauth il paese ha «ottenuto una vittoria che passerà alla storia». Cinquantasei anni dopo l’indipendenza, ha aggiunto il capo del governo, «la decolonizzazione è finalmente completa».
Nel documento si stabilisce che la Gran Bretagna «accetterà che Mauritius sia sovrana sull’arcipelago di Chagos, incluso Diego Garcia». L’isola che ospita la base, impiegata dall’esercito statunitense anche durante le guerre in Afghanistan e Iraq, sarà oggetto di una giurisdizione speciale per circa un secolo.
Soprattutto, l’isola non potrà rientrare nel «programma di reinsediamento sulle isole dell’arcipelago di Chagos» che la Gran Bretagna si impegna a garantire a Mauritius che «affronterà i torti del passato» e a «sostenere il benessere dei chagossiani».
A questo fine, il governo britannico «capitalizzerà un nuovo fondo fiduciario, oltre a fornire separatamente altro supporto, a beneficio dei chagossiani».
Solo pochi mesi fa Human Rights Watch (HRW) aveva denunciato come Londra continuasse a trattare l’isola come una zona franca dal diritto internazionale in materia di diritti umani, a differenza di quanto fatto in altri territori oltremare dove sono presenti basi militari sottoposte alla sovranità della Corona, come alle isola Falkland e a Cipro, dove in prossimità delle strutture vivono anche comuni cittadini.
Secondo l’ong, questa politica è il riflesso di una visione ancora fortemente “razzista” da parte della Gran Bretagna.
Cooperazione e controllo della migrazione
L’accordo siglato questa settimana va oltre però le mere questioni della sovranità, annunciando «una nuova era di partenariato economico, di sicurezza e ambientale tra le nostre due nazioni».
In questo senso, Londra si è impegnata a «fornire un pacchetto di supporto finanziario a Mauritius» con cadenza annuale per «realizzare progetti strategici che generino un cambiamento significativo per i mauriziani comuni e stimolino lo sviluppo economico in tutto il paese».
I due paesi sono pronti a cooperare anche in merito a questione di sicurezza e contenimento della migrazione illegale. Un comunicato parallelo a quello congiunto pubblicato dal governo britannico mette molto l’accento su quest’ultimo aspetto.
In tempi recenti, documenta la BBC, sull’isola sono approdati dei richiedensi asilo srilankesi di lingua tamil. Il loro destino è ancora incerto e non è specificato da nessun passaggio dell’accordo.
Le voci della diaspora chagossiana, composta da circa 10mila persone, hanno accolto il ritorno della sovranità delle Mauritius sulla terra natale loro e dei loro avi in modo diverso. Olivier Bancoult, leader del Chagos Refugees Group (GRC), deportato dall’isola all’età di quattro anni, si è detto «felicissimo» di quanto avvenuto.
«Rendo omaggio alle donne chagossiane, pioniere di questa lotta – ha aggiunto l’attivista -, anche se non sono più tra noi, la loro eredità e la loro lotta continuano. Spero che i chagossiani abbiano la priorità per il ritorno nella loro terra, anche se l’accesso a Diego Garcia resta per il momento limitato a causa della presenza della base militare».
Decisamente più critica l’organizzazione Chagossians Voices, di base nel Sussex. L’organizzazione, si legge in una nota condivisa tramite Facebook, «deplora l’esclusione della comunità chagossiana dai negoziati che hanno prodotto questa dichiarazione di intenti riguardante la sovranità della nostra patria» e chiede il «pieno coinvolgimento» delle popolazioni originarie degli arcipelaghi nella stesura del trattato ufficiale.
Anche HRW, in una lettera al ministro degli Esteri britannico, David Lammy, aveva fatto appello affinchè i chagossiani venissero consultati durante i negoziati con Mauritius.
Pur con tutti i suoi limiti, l’accordo stipulato da Londra potrebbe essere letto come un primo passo della politica di ricomposizione della frattura col Sud globale annunciata dal ministro Lammy, cresciuto in una famiglia originaria della Guyana e discendente da persone che erano state sottoposte alla schiavitù e nominato nel nuovo governo laburista a guida Keir Starmer lo scorso luglio.
Secondo altre letture apparse sulla stampa britannica, il cambio di rotta verso le Mauritius nasce anche dalla necessità di garantirsi il sostegno dei paesi africani a livello internazionale, raggiungibile solo tramite l’abbandono delle posture recepite come troppo neocoloniali.