Kenya: destituito dal parlamento il vicepresidente - Nigrizia
Politica e Società
Anche il senato approva l’impeachment per Rigathi Gachagua. È la prima volta nella storia politica del paese
Kenya: destituito dal parlamento il vicepresidente
Gachagua è stato ritenuto responsabile di cinque degli undici capi d’accusa mossi nei suoi confronti. L’Alta Corte blocca la nomina del successore, l’attuale ministro degli Interni Khiture Kindiki, ma l'Assemblea Nazionale vota ugualmente e la approva
18 Ottobre 2024
Articolo di Bruna Sironi (da Nairobi)
Tempo di lettura 4 minuti
Rigathi Gachagua

Il 17 ottobre sarà una data ricordata nella storia del Kenya, quella in cui, per la prima volta, un vicepresidente è stato rimosso dal suo incarico.

Anche il senato, infatti, ha ritenuto Rigathi Gachagua colpevole di 5 tra gli 11 capi d’accusa per cui era sotto giudizio e in forza di questo, e del voto precedentemente espresso dall’Assemblea Nazionale, è stato “licenziato”, come dice il Daily Nation, il giornale più diffuso del paese che titola Fired in prima pagina e a caratteri cubitali.

Il procedimento si è concluso ieri in tarda serata, alla fine di una giornata ricca di colpi di scena e di decisioni contrastate.

Gachagua era presente alla sessione del senato del mattino in cui era proseguito il dibattimento sul suo caso iniziato il giorno precedente, ma non si è presentato a quella del pomeriggio, quando avrebbe dovuto egli stesso testimoniare a sua difesa.

Dopo una breve attesa, Paul Muite, uno dei suoi consiglieri, informava i senatori che il vicepresidente era stato ricoverato all’ospedale di Karen, il sobborgo di Nairobi dove risiedono molti esponenti della leadership del paese, con forti dolori al petto.

Verso le cinque lo stesso Muita annunciava che Gachagua non era ancora in condizioni di lasciare l’ospedale e chiedeva che la seduta venisse aggiornata al 22 ottobre prossimo.

Il presidente del senato, Amason Kingi, proponeva invece la mattina del 19, ultimo giorno utile per la decisione che, secondo la Costituzione, deve essere presa entro sette giorni da quando sono stati ricevuti i documenti dall’assemblea nazionale.

I senatori, però, votavano contro la mozione in forza di diverse considerazioni: l’impossibilita di sapere con certezza se il vicepresidente avrebbe potuto essere presente in aula in quella data; l’impossibilità di conoscere le sue vere condizioni, in assenza del certificato di un medico indipendente.

Qualcuno, cioè, pensava che il ricovero non fosse che l’ultimo tentativo per guadagnare tempo ed escogitare qualche altra mossa per evitare, o almeno rimandare, la sentenza.

Gachagua contrattacca

Una supposizione con ogni probabilità falsa ma non del tutto gratuita, dal momento che Gachagua aveva più volte dichiarato pubblicamente che avrebbe fatto di tutto per non perdere il posto, tanto che aveva intrapreso una vera e propria maratona legale, presentando ben 29 richieste a diversi livelli del sistema giudiziario perché bloccassero il procedimento avviato contro di lui.

Tutte respinte. L’ultima il giorno prima dell’inizio della seduta al senato con la motivazione che si doveva rispettare l’indipendenza dei poteri e che nessun tribunale avrebbe potuto giudicare una sentenza non ancora pronunciata.

Gli stessi giudici, però, avevano dichiarato che avrebbero esaminato con la dovuta attenzione un eventuale ricorso contro la sentenza ormai definita. Ed è quello che molti in Kenya si aspettano.

L’ormai vicepresidente potrebbe presentare ricorso per diversi aspetti. Il primo è la messa in stato di accusa per sé stessa, a partire dal modo con cui ci si è arrivati.

Diversi osservatori, infatti, contestano che sia valido un giudizio pronunciato in assenza dell’accusato. In seconda battuta, potrebbe chiedere un giudizio del tribunale su ognuno dei capi d’accusa sollevati contro di lui.

La fine della storia, dunque, potrebbe essere ancora lontana. Anche perché l’impeachment è la fine della carriera politica. Dopo, non è più possibile ricoprire nessuna carica pubblica. È perciò comprensibile che Gachagua usi tutte le carte che ha in mano per ribaltare la sentenza.

Intanto, però, oggi è arrivato l’ennesimo colpo di scena. Poco prima che i 236 membri del parlamento approvassero la nomina del nuovo vicepresidente, l’Alta Corte ha emesso un ordine temporaneo che sospende il procedimento fino al prossimo 24 ottobre, quando il caso sarà valutato da un collegio nominato dalla presidente della Corte Suprema Martha K. Koome. 

Il consenso del senato, a questo punto, pare scontato.

La corsa alla vicepresidenza

I kenyani non dovranno così attendere molto per conoscere chi sarà il nuovo vicepresidente.

Tre sono i nomi che circolano con più insistenza: quelli del ministro degli Interni Khiture Kindiki, del primo segretario del gabinetto Musalia Mudawadi, e quello del governatore della contea di Murang’a Irungu Kang’ata. Le donne hanno chiesto di considerare anche il nome della governatrice della contea di Kirinyaga Anne Waiguru.

Secondo diversi osservatori in pole position ci sarebbe Kindiki che avrebbe avuto la maggioranza delle preferenze nei sondaggi dei giorni scorsi sul tema. Chi l’ha indicato come il preferito ha sottolineato la sua esperienza e le sue vaste conoscenze.

Inoltre proviene dalla stessa regione d’origine di Gachagua, il Monte Kenya, che così non potrebbe lamentarsi troppo per la sua destituzione.

Ma l’ultima parola spetta al presidente Ruto che finora si è tenuto fuori dalla mischia ma che molti ritengono il vero artefice della messa nell’angolo di quello che è ormai il suo ex vice.

Nella tarda mattinata di oggi Ruto ha già mandato la sua proposta all’Assemblea Nazionale. Il prescelto è Khiture Kindiki.

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