Ciad: Deby licenzia in massa i vertici di difesa e sicurezza - Nigrizia
Ciad Conflitti e Terrorismo Politica e Società Sudan
Imponente “bonifica” compiuta dal presidente al suo rientro dagli Emirati Arabi Uniti forte di un prestito di 500 milioni di dollari
Ciad: Deby licenzia in massa i vertici di difesa e sicurezza
Il capo dello stato rafforza il controllo sulle forze di sicurezza. In costante deterioramento il clima politico-militare. Principale nodo dei malumori il coinvolgimento nel conflitto sudanese
18 Ottobre 2024
Articolo di Michela Trevisan
Tempo di lettura 3 minuti
Mahamat Idriss Deby

La guerra in Sudan tra esercito e paramilitari sta avendo ripercussioni sempre più importanti anche all’interno del vicino Ciad, aggravando le divisioni latenti all’interno del fragile regime.

Uno schema che ripercorre quello già visto nei primi anni 2000 con il conflitto nella regione occidentale sudanese del Darfur.

Gli attori in campo, d’altronde, sono sostanzialmente gli stessi.

In Sudan l’esercito filo-islamista al governo e i paramilitari Forze di supporto rapido (RSF), all’epoca denominati janjaweed e guidati, oggi come allora, dal clan famigliare di Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, appartenente all’etnia arabofona dei baggara, comunità rizeigat.

In Ciad il presidente Mahamat Idriss Deby, figlio di Idriss Deby Itno, cui è succeduto dopo la sua morte nel 2021, protraendo il dominio del gruppo etnico sahariano degli zaghawa alla guida del paese.

Bonifica dei vertici militari

Ma veniamo ai fatti recenti.

Lo scorso 16 ottobre, al suo rientro dagli Emirati Arabi Uniti con in tasca un prestito di 500 milioni di dollari – equivalenti al 15% del budget 2024 -, Mahamat Deby ha fatto in poche ore piazza pulita di una serie di alte figure alla guida dei corpi di difesa e sicurezza. Cambiamenti di portata senza precedenti.

Senza fornire spiegazioni, ha destituito una ventina di generali ai vertici dell’esercito, della polizia, della gendarmeria e della guardia nomade.

Una bonifica dalla quale sono rimasti esclusi solo due corpi d’élite, entrambi ai suoi ordini diretti: quello delle forze armate (Direzione generale dei servizi di sicurezza delle istituzioni statali – DGSSIE), i cui elementi sono reclutati in particolare tra gli zaghawa, e la nuova Forza di intervento rapido (FIR), incaricata della protezione del capo dello stato.

L’imponente rimpasto è stato preceduto, il 28 febbraio, dall’assassinio dell’oppositore Yaya Dillo, cugino di Deby, considerato il più pericoloso fra i suoi contendenti alle elezioni di maggio.

Il nodo Darfur

Un quadro complessivo che evidenzia la volontà del presidente di assumere il controllo dei settori della difesa e della sicurezza, in seguito al continuo deterioramento del clima politico e delle sue ripercussioni sugli organi militari.

Le politiche di Deby a sostegno dei paramilitari di Hemeti – spiega il Sudan War Monitor – hanno infatti alienato alcune fazioni interne al governo, i cui membri hanno legami etnici e di parentela con le milizie darfuriane che da circa un anno fiancheggiano l’esercito sudanese contro le RSF in Darfur.

Si tratta della Joint Force of Armed Struggle Movements (JSAMF), alleanza tra il Movimento di liberazione del Sudan (SLM-MM) guidato da Minni Minawi e il Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (JEM) di Gibril Ibrahim.

A preoccupare il governo di Deby è stato l’aumento del flusso di soldati ciadiani – in particolare zaghawa e masalit – diretti in Darfur per sostenere la JSAMF.

Tanto che l’esercito ha recentemente rafforzato la sua presenza nel settore orientale del paese, e in particolare nelle zone di confine con il Darfur settentrionale, per controllare e scoraggiare i movimenti transfrontalieri dei suoi soldati.

Il ruolo di Abou Dhabi

Movimenti che non sono soltanto di uomini, ma anche di armi ed equipaggiamento militare inviato dagli Emirati Arabi Uniti alle RSF di Dagalo, come certificano inchieste giornalistiche e delle Nazioni Unite. E come denuncia da tempo il regime militare sudanese.

Il generoso prestito concesso da Abu Dhabi a Deby – da risarcire con un tasso di interesse di solo l’1% – potrebbe rappresentare dunque una sorta garanzia che il flusso non venga interrotto.

Copyright © Nigrizia - Per la riproduzione integrale o parziale di questo articolo contattare previamente la redazione: redazione@nigrizia.it