Ci ha lasciati il 22 ottobre a 96 anni Gustavo Gutiérrez, padre fondatore della teologia della liberazione, autentica icona per gli impoveriti dell’America Latina e per tutti coloro che, seguendo il suo pensiero e i valori evangelici più profondi, si sono uniti ai poveri nelle loro lotte per la giustizia e l’uguaglianza.
Gutiérrez chiude una stagione di figure straordinarie, nello scenario delle chiese latino-americane, che hanno contribuito alla costruzione di una Chiesa coraggiosa, della democrazia e della libertà in paesi dominati per decenni da dittature e sistemi repressivi che hanno provocato innumerevoli vittime e ridotto in povertà milioni di persone.
Basti ricordare Hèlder Camara, il “vescovo rosso” di Olinda e Recife, nel nord-est del Brasile, convertito dai poveri, morto oltre 20 anni or sono, che dichiarava: «Quando dò da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista».
Con altre modalità, lo stesso è successo a Gutiérrez, tacciato spesso, da alcune espressioni della chiesa istituzionale, da tanti ecclesiastici e movimenti integralisti, come pure da governi dispotici, di aver sviluppato un pensiero teologico e una prassi pastorale che favoriscono il comunismo.
Eppure – come ha spesso scritto e chiarito padre Gutiérrez – la teologia della liberazione, pur servendosi di una terminologia in parte derivata dall’analisi sociale marxista, è nata in realtà dal confronto tra la fede cristiana e la povertà.
La povertà, nella teologia della liberazione, è presente e visibile nel mondo e la bibbia, la fede cristiana e soprattutto il messaggio evangelico, hanno una parola da dire su questo. Gutiérrez ha scritto che è fondamentale per la Chiesa un’opzione preferenziale per i poveri.
E nella sua riflessione teologica ha dimostrato come la preferenza di Dio per gli impoveriti e gli abbandonati si manifesta lungo tutta la bibbia. La centralità del povero è pertanto stata assunta come affermazione fondamentale della teologia della liberazione.
In una recente intervista Gutiérrez ha affermato: «Non sono mai stato professore di teologia. Sono stato un semplice sacerdote e parroco». E di fronte alle controversie sorte in seguito alla sua riflessione teologica ha testimoniato: «Talvolta è stata dura. Ma la scelta è stata quella di lavorare nella Chiesa, dall’interno. E oggi si assiste a un rinnovamento e a evidenti cambiamenti».
Che dalla teologia della liberazione abbiano tratto ispirazione migliaia di operatori ecclesiali operanti ai livelli più diversi della Chiesa è incontestabile, come confermano i moltissimi pastori e semplici credenti che in ogni continente hanno pagato la propria fedeltà al vangelo e ai poveri pagando con il martirio la propria testimonianza.
E secondo quanto Gutiérrez ha riaffermato di recente, la Chiesa ha il dovere evangelico di essere voce dei senza voce, e lottare perché i senza voce possano finalmente farsi sentire. Si tratta di un impegno senza sosta, perché la povertà è ancora presente in tutto il mondo e ha radici in un’economia spietata, “di morte”, come ha spesso denunciato papa Francesco.