Anche per gli standard di una dittatura militare, la notizia annunciata ieri (28 ottobre) appare degna di nota. Il ministero dell’Amministrazione del territorio e della decentralizzazione (MATD) della Guinea ha dichiarato lo scioglimento di 53 partiti e la sospensione per tre mesi di altri 67.
La decisione è arrivata al termine di un processo avviato a giugno sulla valutazione dei partiti politici esistenti. Il fine è quello di «riordinare la scacchiera politica», nelle parole usate dallo stesso ministero.
Tra i sospesi, figurano anche attori principali dell’opposizione, come il Raggruppamento del popolo guineano (RPG) dell’ex-presidente Alpha Condé e l’Unione repubblicana. Rei agli occhi del MATD di non aver rispettato alcune requisiti formali, come fornire i rilievi bancari o tenere il proprio congresso nelle tempistiche stabilite.
Per molti analisti, la decisione del governo si inscrive nel progressivo consolidamento del potere da parte della giunta militare guidata da Mamady Doumbouya. Quest’ultimo ha preso il potere con un colpo di stato nel settembre 2021.
Da accordi presi con la Comunità economica dei paesi dell’Africa occidentale (CEDEAO, o ECOWAS nel suo acronimo inglese), la transizione militare dovrebbe terminare a fine anno. Anche se la giunta ha già annunciato che non organizzerà elezioni prima del 2025.
Doumbouya aveva già sciolto nel 2022 il suo principale rivale, il Fronte nazionale per la difesa della costituzione (FNDC), una coalizione di partiti, sindacati ed associazioni, che aveva organizzato varie manifestazioni finite spesso in scontri aperti con le forze dell’ordine. A febbraio di quest’anno, poi, la giunta ha sciolto anche il governo in carica.