Il 24 ottobre la Corte suprema della Tanzania ha deliberato contro la richiesta dei maasai di Loliondo di ritornare sulle terre da cui erano stati scacciati con la forza nel giugno del 2022 per far posto alla riserva di caccia Pololeti, ad uso esclusivo della famiglia reale degli Emirati arabi uniti.
Si tratta di circa 96mila persone che non sono state mai consultate sul loro trasferimento e neppure risarcite per la perdita dei loro bene, in violazione della stessa legge del paese. È da considerare, infatti, che le comunità interessate erano state scacciate da villaggi regolarmente registrati secondo il regime terriero tanzaniano.
Il giudizio è scioccante, dice l’Oakland Institute che ne ha dato notizia con un comunicato stampa diffuso il 29 ottobre, e potrebbe avere un impatto fortemente negativo anche per i diritti alla terra di altri popoli nativi minacciati da progetti governativi per lo sviluppo del turismo o per altre ragioni.
Prosegue la deriva autoritaria
I motivi su cui si fonda la sentenza fanno inoltre dubitare fortemente dell’indipendenza del potere giudiziario in questo momento storico della Tanzania, paese ormai ben avviato a diventare un regime autocratico dove la legge non è più uguale per tutti e gli oppositori vengono perseguitati. Anche i leader maasai e quelli delle organizzazioni della società civile che hanno difeso i loro diritti sono stati criminalizzati e imprigionati per mesi con accuse pretestuose, si legge nel comunicato stampa.
Il giudice che ha dato la sentenza, N.R. Mwaseba, ha affermato che i bisogni delle comunità locali non sono superiori a quelli del valore della terra per l’economia del paese. «La decisione di varare la riserva di caccia Pololeti è stata eseguita in buona fede dal governo, con l’obiettivo di proteggere e assicurare una conservazione sostenibile delle risorse naturali, compresi gli animali selvatici, che costituiscono la maggior fonte di valuta straniera nel nostro paese … ho dimostrato sopra che il settore turistico é tra quelli piú importanti e contribuisce in modo molto significativo al budget nazionale. Perciò merita attenta protezione, inclusa quella per le aree riservati per questo scopo».
Uno schiaffo alla giustizia tanzaniana
Questo giudizio, fondato su motivi ben poco condivisibili, per non dire decisamente scandalosi, va in direzione contraria ad un’altra sentenza della Corte suprema del settembre 2023, in cui si dice che la riserva Pololeti è stata varata in modo illegale perché la popolazione non è stata consultata sul suo trasferimento e ad altri giudizi simili. Il che fa pensare che il governo possa contare su giudici che valorizzano le sue esigenze di bilancio più delle leggi vigenti nel paese.
Sulle politiche di sviluppo turistico del governo tanzaniano si é mobilitata anche la comunità internazionale.
Sdegno internazionale
L’Unione Europea ha condannato in modo chiaro lo sfratto dei maasai di Loliondo, affermando che i diritti delle popolazioni native sono parte non negoziabile di ogni progetto di conservazione. In giugno la Commissione Europea ha tagliato grossi finanziamenti a progetti di protezione ambientale, perché ritenuti contrari all’interesse delle popolazioni locali.
Nelle settimane precedenti la Banca Mondiale per gli stessi motivi aveva sospeso i finanziamenti al progetto Regrow, per la protezione e lo sviluppo del turismo in diverse zone del paese.
Anche i governi confinanti sono perlomeno perplessi dalle modalità con cui la Tanzania protegge l’ambiente e sviluppa il turismo. Il Kenya, ad esempio, ha visto arrivare un numero notevole di maasai di Loliondo che si sono stabiliti sul suo territorio senza mezzi di sussistenza, e che rimangano ancora sostanzialmente senza protezione e supporto.
Inoltre è ormai acclarato che diversi elefanti, specie minacciata di estinzione, provenienti dal parco nazionale keniano dell’Amboseli che confina con le riserve tanzaniane, sono stati uccisi in battute di caccia per le zanne, che costituiscono un ambito trofeo, anche se non potrebbero essere né commercializzate, né trasportate fuori dal paese. E’ del tutto evidente che questo spalanca le porte al bracconaggio e al traffico illegale di avorio. In Kenya ha fatto particolare scalpore l’uccisione di Gilgil, un maschio dalle enormi zanne, considerato l’emblema delle politiche di conservazione del paese.
Ma, nonostante tutto, il governo tanzaniano va avanti per la sua strada, avendo evidentemente altri sostenitori.
Il ruolo degli USA
L’Oakland Institute svela il ruolo fondamentale giocato dagli Stati Uniti in un rapporto diffuso in aprile: Pulling Back the Curtain: How the US Drives Tanzania’s War on the Indigenous (Squarciamo le tende: Come gli US guidano la guerra della Tanzania contro gli indigeni) in cui si dimostra il ruolo del governo americano nel cambio delle politiche tanzaniane sulla conservazione ambientale e nel sostegno ad importanti progetti, a discapito delle popolazioni locali. Nel rapporto se ne citano parecchi, finanziati da USAID, l’istituto del governo americano per la cooperazione e l’aiuto d’emergenza.