Esiste un varco, un codice di accesso al pensiero paranoico del ministro Matteo Salvini che attribuisce tutti i mali italiani agli immigrati (meglio se neri)? Esiste un silenziatore al rumore stonato delle sue parole, quando attribuisce ai magistrati, che rispettano il diritto, il marchio (infame per il leghista) dell’essere comunisti?
Un pertugio c’è: la realtà. Che stavolta arriva dall’Egitto.
Passettino indietro. A Catania, il presidente della sezione specializzata nella Protezione internazionale, Massimo Escher, ha annullato il trattenimento, disposto dal questore di Ragusa, di un egiziano sbarcato in Sicilia. Arrivato a Pozzallo (Ragusa) il migrante aveva chiesto lo status di rifugiato.
La sentenza riguarda un caso specifico, ma ha una valenza politica più ampia. Di fatto, un tribunale sceglie di non applicare il decreto-legge sui paesi sicuri con cui il 23 ottobre scorso il Consiglio dei ministri era intervenuto per scansare il pronunciamento dei giudici che avevano disposto il ritorno in Italia del primo gruppo di migranti portati in Albania.
I timori del giudice
Il magistrato catanese ha ritenuto che l’Egitto non possa essere considerato un paese sicuro e che la lista, trasformata in decreto, «non esime il giudice all’obbligo di una verifica della compatibilità con il diritto dell’Unione europea».
Nel provvedimento del tribunale di Catania si fa riferimento alla sentenza della Corte di giustizia europea, emessa lo scorso 4 ottobre, che ridefinisce il concetto di paese sicuro, sulla cui base si era espresso il tribunale di Roma sui richiedenti asilo ospitati nei centri per migranti albanesi. «La corretta interpretazione del diritto dell’Unione si impone con evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi», ha scritto Escher nel suo provvedimento.
Salvini, che sul tema ha innescato una guerra perpetua, ha risposto a stretto giro di posta: «Per colpa di alcuni giudici comunisti che non applicano le leggi, il paese insicuro ormai è l’Italia. Ma noi non ci arrendiamo», come i sioux accerchiati dai cow boy (neri).
Ergastolo e lavori forzati a giornalisti egiziani
E qui irrompe la realtà. Perché proprio ieri il primo tribunale penale del Cairo, competente per il terrorismo, ha condannato all’ergastolo in contumacia un gruppo di esponenti dei media ritenuti vicini all’opposizione egiziana. In particolare ai Fratelli musulmani. Una iniziativa che fa parte di una più ampia campagna lanciata dal regime egiziano contro gli oppositori del colpo di stato militare che ha rovesciato l’ex presidente Mohamed Morsi, il 3 luglio 2013.
Tra i giornalisti condannati vi sono figure di spicco del panorama informativo egiziano, tra cui Moataz Matar, Hamza Zobaa, Mohamed Nasser, Abdullah Al-Sharif, Al-Sayed Tawakul, Abdel Rahman Zaghloul, Jalal Jibril, Mosaab Abdel Hamid, Mohamed Al-Khatib e Yasser Al-Hawari.
Oltre alle condanne all’ergastolo, gli imputati sono stati inseriti nella lista dei terroristi. Ad altri sette imputati, invece, è andata “meglio”: condannati a 15 anni di lavori forzati e al pagamento delle spese processuali.
Ottavo paese al mondo con il maggior numero di giornalisti arrestati
Ma sono molte oramai le storie di giornalisti egiziani indipendenti che vivono con il terrore del sequestro della parola e con la prospettiva delle sbarre. Nel 2023, l’Egitto si è classificato ottavo al mondo come numero di giornalisti incarcerati, secondo il Committee to Protect Journalists.
Il 22 luglio, la polizia ha arrestato arbitrariamente Ashraf Omar, un vignettista satirico che pubblica caricature politiche per Al-Manassa, tra i pochi organi di informazione indipendenti rimasti. È stato preso di mira dopo che il 16 luglio la polizia aveva arrestato anche Khaled Mamdouh, un giornalista del sito di notizie Arabic Post.
Arresti denunciati da Amnesty international: «Il governo egiziano è da tempo un noto carceriere di giornalisti, che persegue e rinchiude solo per il loro legittimo lavoro. L’aver preso di mira il giornalista e il vignettista nel giro di pochi giorni dimostra ancora una volta ai lavoratori dei media in Egitto che i contenuti critici possono farli finire in prigione anche se sono satirici».
Migliaia di detenuti in carcerazione
Nell’ultimo rapporto di Human Right Watch «sono migliaia i detenuti rimasti rinchiusi in condizioni terribili in una lunga detenzione preventiva o con condanne derivanti da processi ingiusti».
Ma Salvini & Co. – esperti di vie secondarie e perseguitati dalle loro ossessioni (elettorali) – mascherano l’odio con il bene della “nazione”. Non sono neppure assaliti dal banale timore di far fare una brutta figura alla loro reputazione.
Nel frattempo, la nave Libra della marina militare italiana è tornata in mare, nelle acque internazionali a venti miglia da Lampedusa per compiere nuovi trasferimenti forzati di richiedenti asilo in Albania.
E ricomincia il gioco dell’oca.