Elezioni nelle isole Maurizio: trionfano le opposizioni - Nigrizia
Maurizio Politica e Società
Il premier Jugnauth riconosce la sconfitta contro il rivale Ramgoolam, pure ex primo ministro
Elezioni nelle isole Maurizio: trionfano le opposizioni
La campagna elettorale era stata segnata da scandali e tensioni, ma la democrazia mauriziana ha retto
12 Novembre 2024
Articolo di Brando Ricci
Tempo di lettura 6 minuti
La capitale Port Louis. Foto di Suyash Dwivedi da Wikimedia Commons

Trionfo delle opposizioni nelle isole Maurizio. Stando ai risultati resi noti finora, le elezioni legislative che si sono svolte ieri hanno portato a un responso secco: la coalizione rivale del governo guidata dal già tre volte primo ministro Navin Ramgoolam, l’Alleanza per il cambiamento, si è aggiudicata 60 dei 62 seggi dell’Assemblea nazionale che sono garantiti dal voto popolare.

Secondo l’ordinamento dell’arcipelago, il leader della formazione che ottiene la maggioranza in parlamento viene nominato primo ministro. I deputati designano poi il presidente della repubblica, che ha però una funzione per lo più simbolica.

La campagna elettorale è stata tesa e segnata soprattutto da uno scandalo di intercettazioni che ha coinvolto molte figure della politica locale, al punto da spingere il governo a provare a bloccare l’accesso ai social media (l’esecutivo ha dovuto fare marcia indietro dopo le proteste). La stessa giornata elettorale è stata segnata da momenti di nervosismo.

Transizione immediata 

Il premier in carica Pravind Jughnauth invece, che alle urne rappresentava l’Alleanza Lepep (alleanza del popolo) e che cercava la prima riconferma elettorale consecutiva, ha già riconosciuto immediatamente la disfatta. «Stiamo andando verso una sconfitta, ed è ancora più chiaro che l’Alleanza Lepep si sta dirigendo verso una grande sconfitta nel suo insieme», ha affermato il capo del governo mentre venivano comunicati i risultati provvisori. «La popolazione ha scelto un’altra squadra. Gli auguro buona fortuna», ha poi chiosato il premier. La sua coalizione non avrebbe ottenuto neanche un seggio, sempre secondo le cifre comunicate a oggi.

Le leggi mauriziane prevedono però che la autorità elettorali assegnino otto ulteriori scranni a candidati scelti fra i cosiddetti “best loser”, i migliori perdenti. La misura, risalente al periodo coloniale britannico e ritenuta controversa, mira a garantire che nessuna delle comunità del paese resti fuori dal parlamento e che tutte le minoranze siano tutelate. Fra questi candidati ripescati potrebbero anche esserci elementi dell’Alleanza Lepep. La popolazione delle Maurizio è caratterizzata dalla compresenza di numerose comunità, fra cui si annoverano i mauriziani di origine indiana, le cui élite sono ritenute molto influenti politicamente. L’induismo è la religione più professata nel paese.

Un altro dato da evidenziare è quello relativo all’affluenza, che si aggirerebbe intorno all’80%. Molto elevata quindi, ma in linea con la tradizione politica del paese.

L’accordo con Londra e il voto anticipato 

Il voto di ieri è stato convocato in forma anticipata a inizio ottobre dopo che il governo guidato da Jugnauth ha raggiunto un accordo con la Gran Bretagna sulla sovranità delle isole Chagos, arcipelago conteso fin dall’indipendenza, raggiunta proprio da Londra nel 1968. L’intesa è stata criticata da alcuni gruppi di esuli chagossiani mentre è stata descritta come un grande successo dall’esecutivo, che cercava di capitalizzarne il potenziale alle urne, secondo la lettura di diversi analisti. L’intesa siglata con Londra prevede inoltre una clausola che permetterà al Regno Unito di gestire per circa un secolo l’isola di Diego Garcia, la più grande dell’arcipelago e soprattutto la sede di una base militare congiunta con gli Stati Uniti.

Un'”isola felice”?

Le isole Maurizio sono un arcipelago abitato da circa 1,3 milioni di persone, situato nel cuore dell’Oceano Indiano; distano poco meno di 1000 chilometri verso est dal Madagascar e oltre 2000 dalla costa del Continente africano. Più vicino invece, a circa 200 chilometri, c’è l’isola della Riunione, dipartimento e regione oltremare appartenente politicamente alla Francia.

Stando alla maggior parte delle analisi pubblicate dai media internazionali e locali, i temi che hanno orientato gli elettori mauriziani alle urne sono stati l’alto costo della vita, il contrasto al consumo e il traffico di droga (le Mauritius, così come le sorelle dell’Oceano Indiano Seychelles, hanno da decenni un problema con il consumo di stupefacenti e in modo particolare di eroina, fra i più alti in tutta l’Africa) e la lotta contro la corruzione.

I due candidati principali, Ramgoolam e Jughnauth, rispettivamente 77 e 62 anni, sono esponenti di due delle più importanti dinastie politiche delle isole. In modo particolare, il nuovo premier eletto è figlio del primo capo del governo delle Mauritius indipendenti, Seewoosagur Ramgoolam, alla guida di vari governi fino al 1982.  Nella sua carriera Ramgoolam è stato anche accusato di cospirazione e riciclaggio di denaro e brevemente arrestato nel 2015. 

Sono necessarie due ulteriori specifiche per comprendere il voto di ieri. La prima è che Maurizio è ritenuto uno dei paesi più politicamente ed economicamente avanzati d’Africa. Dall’indipendenza, nello stato insulare si sono svolte 12 elezioni. Le consultazioni sono state sempre ritenute sostanzialmente pacifiche e regolari. Il paese è fra i primi posti in Africa in tutti gli indici che misurano parametri relativi alla governance, il rispetto dello stato di diritto e delle libertà politiche e civili e la percezione della corruzione.

Nelle isole si registra uno dei più alti redditi pro-capite del continente (oltre 10mila dollari per abitante, circa 20 volte quello del vicino Madagascar). Cifre che hanno permesso allo stato insulare di essere brevemente inserito dalla Banca Mondiale fra i paesi ad alto reddito nel 2020, prima che le conseguenze della pandemia di Covid-19 lo facessero scivolare nella categoria “paesi a reddito medio-alto”. Più in generale, la traiettoria di sviluppo economico del paese è ritenuta di successo: Maurizio è passato dall’essere un’economia post-coloniale in larga parte dipendente dalla coltivazione della canna da zucchero al disporre di un sistema economico diversificato, centrato soprattutto su pesca, turismo, manifatturiero e servizi finanziari (da soli questi rappresentano però il 40% del Pil).

La crisi delle intercettazioni 

La seconda premessa è che molti dei dati positivi appena elencati sembrano andare incontro a una fase di erosione, sebbene lo scenario del paese non presenti certo le criticità che si registrano in altre aree dell’Africa. Recenti sondaggi di Afrobarometro hanno mostrato un calo nella fiducia dei cittadini rispetto all’affidabilità del settore giudiziario e per quanto riguarda il rispetto della libertà di stampa. Il mese scorso, l’indice biennale sulla governance della Mo Ibrahim Foundation ha certificato un ulteriore passo indietro: Maurizio è stata superata da Seychelles come primo paese dell’indice alla luce del calo, registrato su un lasso di tempo di dieci anni, nei parametri relativi a incolumità personali, rispetto dei diritti, percezione nell’accesso ai servizi pubblici, partecipazione e stato di diritto.

Durante la campagna elettorale, i timori dei cittadini mauriziani hanno infine assunto le sembianze di un fantasma: il misterioso informatore Missie Moustass. La figura, che si auto definiva un impiegato statale stanco delle malefatte del sistema, ha diffuso sui social media fino a 20 intercettazioni di figure chiave della politica, della polizia e della società civile locale. Ne è derivato uno scandalo che, come si accennava all’apertura di questo articolo, ha spinto il governo a imporre un divieto di accesso ai social media. Anche qui però, la democrazia mauriziana ha retto il colpo: l’esecutivo di Jugnauth si è visto costretto a ritirare il provvedimento appena 24 ore dopo il suo annuncio a fronte delle proteste di larga parte della società mauriziana. 

 

 

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