Delitto Moussa: “Il nostro Regeni. Vogliamo capire cos'è accaduto”
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Alla conferenza stampa presenti il console onorario, la legale, e rappresentanti del Comitato verità e giustizia
Delitto Moussa: “È il nostro Regeni. Vogliamo capire cosa è accaduto”
Lo chiedono gli esponenti della comunità maliana nell’incontro avvenuto alla stazione di Verona, dove è stato assassinato, oltre 3 settimane fa, Moussa Diarra. A sparargli un poliziotto della Polfer. “Pare un processo già finito”, la denuncia dell’avvocata della famiglia, che sottolinea la lentezza delle indagini. Si chiede invece chiarezza. Ci sarà un’interrogazione parlamentare firmata dall’onorevole Cucchi
12 Novembre 2024
Articolo di Redazione
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Un momento dell'incontro di oggi alla stazione ferroviaria di Verona. Foto: Nigrizia

Non è trascorso neanche un mese dalla mattina in cui, il 20 ottobre scorso, Moussa Diarra è morto per un colpo di pistola sparato da un poliziotto della Polfer, in stazione Porta Nuova a Verona. Neanche un mese dalle parole del ministro Matteo Salvini. Due settimane dalla grande manifestazione cittadina.

In tutto questo tempo, la notizia della morte del giovane maliano è rimbalzata più volte su giornali e televisioni che si sono occupati, con toni diversi, di quanto presumibilmente sia accaduto alle 7 di quel giorno.

Libero e quei video non diffusi

Presumibilmente, perché a oggi non è stato diffuso alcun video di quella mattinata. Anche se in diverse testate e talk show televisivi sono stati descritti colluttazioni e coltelli. Due questi ultimi, secondo Libero, per cui «le telecamere non lascerebbero dubbi». Ma, di fatto, i video delle telecamere della stazione non sono stati ancora mostrati all’avvocata Paola Malavolta, che rappresenta la famiglia di Diarra e che, fino a questo momento, si era sottratta a ogni tipo di commento. Video che non ci sono «perché sono ancora in corso le indagini e, quindi, vige il segreto istruttorio», spiega.

Ma davanti a una ricostruzione che torna, con la descrizione del ragazzo in stato confusionale che, armato di coltello, aggredisce l’agente della Polfer, che spara per “legittima difesa” (come affermato il giorno successivo dal procuratore della Repubblica di Verona, Raffaele Tito), sembra «un processo già finito», afferma l’avvocata. Almeno sui media.

Conferenza stampa in stazione

Per questo motivo è arrivata stamattina una conferenza stampa in stazione, destinata ad aprire una pagina nuova in questo caso veronese di un giovane maliano ucciso da un poliziotto. Una pagina nuova in cui si aggiungono protagonisti: il console Gianfranco Rondello del Consolato onorario della Repubblica del Mali, la senatrice di Alleanza verdi sinistra, Ilaria Cucchi, il presidente della comunità maliana in Italia, Mahamoud Idrissa Bouné.

Il console Rondello, arrivato da Roma per chiedere giustizia, sottolinea di farlo a nome del suo paese, «amico da sempre dell’Italia». Per questo è in contatto con il governo, che vuole essere informato di come stiano procedendo le indagini.

La senatrice Cucchi, che si è messa in contatto con l’avvocata Malavolta per raccogliere informazioni, ha dichiarato di voler presentare un’interrogazione parlamentare su questa mancanza. Perché, come la stessa avvocata spiega, citando una sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) del 2015, affinché «un’inchiesta sia effettiva e permetta di identificare e di perseguire i responsabili, deve essere avviata e condotta con celerità», soprattutto quando ha tra le persone indagate forze dell’ordine. «Questo per non far venir meno la fiducia del pubblico».

Dove sono le immagini?

Malavolta afferma più volte di aver chiesto al pubblico ministero la visione delle immagini acquisite dalla questura di Verona. Senza avere, a oggi, alcuna risposta. Un passaggio questo, che si collega con la preoccupazione che il Comitato Verità e Giustizia per Moussa esprime in piazza, preoccupazione che parte dal comunicato congiunto che Procura e Questura hanno diffuso a poche ore dall’uccisione di Moussa. «Chi ha il compito di garantire una indagine giusta non può condividere la comunicazione con chi è indagato, dichiarando immediatamente, con assoluta certezza, che si tratti di legittima difesa».

In diversi interventi torna questo tema di una terzietà da parte di chi indaga. Bounè lo ripete scandendo che se la legge è uguale per tutti, anche loro che sono in piazza vogliono avere accesso alle informazioni. E così torna anche la richiesta di comprendere la dinamica dei tre colpi sparati dal poliziotto della Polfer: tre certi, uno in aria e due ad altezza d’uomo.

Oltre quello che ha ucciso Diarra, dell’altro ad altezza d’uomo c’è ancora traccia in stazione, perché fermatosi sulla vetrata del parcheggio, ora sotto sequestro. Altezza un metro e 52cm, dicono le legali. «Noi vogliamo comprendere le dinamiche, capire cosa sia esattamente accaduto. Per noi maliani Moussa sarà un Regeni per cui si chiede giustizia. Non vogliamo processi sui media, ma prove accessibili», dice il presidente della comunità maliana. «Per questo siamo di nuovo qua in stazione e chiederemo».

Lo farà un’interrogazione in Senato. Lo farà un console a nome della madre di Moussa Diarra che ieri, a Bamako, ha fatto denuncia per comprendere cosa sia accaduto. Perché in qualsiasi modo si siano svolte le cose, quel che si chiede da tutta questa storia è trasparenza.

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