Sono più di 51mila i femminicidi commessi nel 2023. Il nuovo report congiunto di Un Women e l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) segnala un aumento significativo rispetto all’anno precedente, quando le uccisioni per motivi di genere non raggiungevano le 49mila vittime. Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, questo dato non è confortante. Come non lo è sapere che quanto detto finora equivale a una media di 140 vittime ogni giorno. Cioè una donna uccisa ogni 10 minuti.
Femminicidi
Con il termine femminicidio ci si riferisce agli omicidi di donne motivati da ragioni di genere. Non si tratta solo dell’uccisione di una persona, ma di un crimine che riflette squilibri di potere, discriminazione e stereotipi profondamente radicati. Una dinamica spesso ideologizzata o strumentalizzata, ma che appare chiara se si confrontano i dati sugli omicidi commessi ai danni delle persone di genere maschile.
Gli uomini rappresentano l’80% delle vittime di omicidi nel mondo, è vero. Ma solo l’11% di questi rimane vittima in contesti familiari. Per le donne, la situazione è l’esatto contrario: il 62,2% degli assassini è un partner o un parente.
L’Africa: alcuni governi si attivano, ma la strada è lunga
La violenza di genere continua a colpire ogni regione del mondo, nessuna esclusa. In termini assoluti, nel 2023, l’Africa ha registrato il maggior numero di femminicidi: 21.700 donne e ragazze sono state uccise da partner o familiari. Lo stesso accaduto nel 2022. Sono cifre altissime che vedono un progressivo aggravarsi in diversi paesi, tanto che di recente alcuni governi si sono mobilitati per contrastare il fenomeno. Il Sudafrica ha condotto di recente il primo studio nazionale sulla violenza di genere, lo stesso fatto dal Kenya, ad esempio, nel 2020, dove tuttavia i casi di femminicidio continuano a essere in aumento. Al punto che dieci giorni fa i vescovi del paese hanno lanciato un appello congiunto per fermare l’ondata di uccisioni, più di 100 nei soli ultimi quattro mesi.
Dati mancanti
Un grave ostacolo nella lotta al femminicidio è rappresentato dalla scarsa disponibilità di dati accurati e completi. Nel 2023, il numero di paesi che hanno fornito informazioni sulle uccisioni di donne da parte di partner intimi o familiari è sceso a meno della metà rispetto al picco raggiunto nel 2020, quando erano 75.
Questo declino è preoccupante, poiché la qualità dei dati è fondamentale per misurare l’efficacia delle politiche di prevenzione e per garantire responsabilità. Europa e Americhe sono le regioni che tradizionalmente registrano il maggior numero di paesi con dati disponibili, con una copertura rispettivamente del 60% e del 50%. Tuttavia, anche in queste aree si osserva un calo. In Oceania, la raccolta di dati è minima e spesso inconsistente.
La situazione è ancora più critica in Africa e Asia, dove la percentuale di paesi che forniscono dati è storicamente bassa, rendendo difficile una valutazione precisa dell’entità del fenomeno. Nel 2023, in Africa sono stati resi disponibili i dati solo da Algeria e Marocco. Per il resto dei paesi, i dati disponibili sono spesso frammentari e affetti da incertezze statistiche significative.
Non è solo una mera questione tecnica: i dati rappresentano la base per monitorare i progressi e identificare le aree più a rischio. Come sottolinea il quadro statistico UNODC-UN Women, senza una mappatura chiara del problema, è impossibile implementare politiche di prevenzione efficaci. Paesi come la Francia e il Sudafrica hanno dimostrato come l’adozione di standard internazionali possa migliorare significativamente la qualità delle informazioni raccolte. (AB)