Il Botswana ha vinto. Dal 2025 la provenienza dei diamanti diretti verso i paesi del G7 potrà essere certificata nel paese africano – primo produttore al mondo per valore e secondo per volumi – e non più nel solo Belgio come inizialmente previsto in un provvedimento di inizio anno. A darne notizia in un comunicato congiunto sono stati il governo di Gaborone e il cosiddetto G7 diamond technical team.
L’annuncio segue mesi di proteste e rivendicazioni contro lo snodo unico in Belgio da parte dei paesi africani, Botswana e Namibia in prima fila, e apre alla possibilità di istituire centri simili in altri stati del continente.
Le sanzioni a Mosca
Il contesto è quello delle sanzioni imposte dal G7 alla Russia nell’ambito dell’invasione dell’oriente ucraino, cominciata nel febbraio 2022. Mosca ha una leadership speculare a quella di Gaborone sul mercato dei diamanti: è il primo produttore al mondo per volumi e il secondo per valore. A dicembre 2023 il forum dei “sette grandi” ha reso noto il suo 12esimo pacchetto di penalità contro il Cremlino. Fra le misure previste, anche un divieto di importazione dei diamanti russi a partire dal primo gennaio dell’anno seguente, quindi del 2024. Le sanzioni si sono poi progressivamente estese anche ai diamanti russi processati in paesi terzi.
Contestualmente a quest’ultima misura, il G7 ha deciso di concentrare tutti i punti di smistamento dei diamanti diretti verso il G7 in un unico snodo ad Anversa, città belga che è anche una delle tradizionali capitali del commercio mondiale delle pietre preziose.
Il provvedimento annunciato dal G7 aveva fatto innervosire i paesi produttori africani. Namibia, Botswana e Angola avevano lamentato una serie di possibili blocchi e lungaggini a danno delle loro industrie ma soprattutto uno schiaffo alla loro sovranità economica. Gli stati produttori africani avevano anche rivendicato il loro grado di preparazione, dichiarandosi già idonei a poter ospitare strutture simili a quella di Anversa.
Negli ultimi mesi, si apprende dalla nota congiunta già citata, «il team tecnico del G7 e il Botswana hanno intensificato la collaborazione per migliorare la tracciabilità e la trasparenza nel commercio dei diamanti. Per migliorare la capacità del Botswana di certificare i diamanti grezzi destinati all’esportazione, allineandosi ai requisiti del G7 per impedire che i diamanti estratti in Russia entrino nei mercati del G7 e garantire la tracciabilità lungo tutta la filiera, i team di Belgio e Botswana hanno condotto un’analisi completa delle lacune, valutando i quadri attuali e identificando le aree che necessitano di un ulteriore allineamento». Di conseguenza, comunica ancora il comunicato, Gaborone e il team tecnico «stanno ora elaborando una tabella di marcia per colmare le lacune individuate, con l’obiettivo di rendere pienamente operativo il nodo di certificazione delle esportazioni in Botswana il prima possibile l’anno prossimo».
Tutto il processo sarà anche sostenuto dall’Antwerp World Diamond Centre (AWDC), società a capitale misto pubblico/privato che opera il nodo dell’omonima città.
Equilibri rinnovati?
Il G7 dà inoltre notizia di collaborazioni con i governi di Namibia e Angola nell’ottica di ampliare ulteriormente la rete dei nodi di tracciamento in Africa. La notizia nel suo complesso, non è di poco conto. Il Botswana sottrae a un paese europeo il monopolio del controllo dei diamanti e riequilibra in favore dell’Africa le dinamiche globali del commercio dei preziosi, segnato storicamente da dinamiche di sfruttamento, soprattutto nei territori di conflitto. L’annuncio di G7 e Gaborone è stato commentato a caldo dal nuovo presidente del Botswana Duma Boko, che si trovava ad Anversa per un incontro internazionale del settore, il FACET2024. «Il Botswana – ha detto il capo di stato – è impegnato a promuovere la tracciabilità e le pratiche di estrazione responsabili, assicurando che i nostri diamanti non solo brillino in bellezza, ma incarnino anche integrità ed etica».
Kimberley Process al palo
La questione dei diamanti russi infuria da mesi anche in seno al Kimberley Process, un meccanismo di tracciamento e certificazione dei diamanti grezzi in vigore dal 2003 che mira a impedire che i proventi del commercio dei cristalli siano usati per finanziare gruppi armati non statali e per fomentare l’insorgere di guerre civili. I paesi della comunità internazionale occidentale spingono affinchè si consideri la possibilità di qualificare le pietre preziose russe come “diamanti da conflitto”. Una decisione questa, che avrebbe ripercussioni molto pesanti sull’industria di Mosca. Una quadra sul tema non si riesce a trovare però, come dimostrato anche dall’ultima assemblea plenaria che si è svolta a Dubai nei giorni scorsi.
E in un mondo senza diamanti?
Dai diamanti dipende circa il 40% delle entrate pubbliche del Botswana, un terzo del Prodotto interno lordo e il 75% dei guadagni in valuta estera. Le pietre preziose non sono però fonte di un’ennesima “maledizione delle risorse”. Il Botswana è ritenuto un modello da questo punto di vista: più che ingrassare élite, i proventi dei preziosi sono serviti a finanziare benessere e accesso ai servizi sociali, seppur con un alto tasso di disuguaglianza. Nell’ultimo anno Gaborone ha anche rinegoziato a suo favore un accordo sulla suddivisione delle quote di diamanti con il gigante De Beers nell’ambito della joint venture Debswana.
La sfida per Boko sarà però pensare a un’alternativa a questa economia fortemente ancorata ai preziosi. Il mercato è in crisi per colpa della compressione della domanda in Cina e Stati Uniti e per la concorrenza dei prodotti sintetici da laboratorio. Solo per dare un dato, nei primi nove mesi del 2024 la vendita delle pietre ha fruttato il 52% in meno dell’anno precedente