Il comunicato stampa è arrivato nella notte di giovedì 28 novembre: il Ciad mette fine agli accordi militari con la Francia. Un annuncio che segna una svolta storica nei rapporti tra Parigi e il suo ultimo alleato strategico nel Sahel.
Nel comunicato ufficiale, il portavoce del ministero degli esteri, Abderaman Koulamallah, afferma che la decisione di porre fine all’accordo consentirebbe al Ciad di «ridefinire le sue partnership strategiche in linea con le priorità nazionali».
Non vi è stata, al momento, alcuna risposta immediata da parte del governo francese. Forse spiazzato.
Alleato strategico
Storicamente, il Ciad è stato un suo partner essenziale nella regione. Emmanuel Macron, recandosi al funerale di Idriss Déby Itno nel 2021, aveva simbolicamente convalidato la transizione militare guidata da suo figlio, Mahamat Idriss Déby.
Questo sostegno contrastava con l’atteggiamento di Parigi nei confronti delle giunte maliane, burkinabe e nigerine, suscitando accuse di favoritismi e incoerenze.
Questa vicinanza, tuttavia, non è stata sufficiente a mantenere intatto il rapporto. La rottura degli accordi militari con il Ciad è tanto più sorprendente in quanto avviene a meno di 24 ore dalla visita nel paese del ministro degli esteri francese, Jean-Noël Barrot.
Lo scorso ottobre, durante un vertice della Francofonia, i due paesi sembravano perfino pronti a rafforzare la loro cooperazione militare ed economica.
In Ciad ci sono quasi mille militari francesi. Che sono stati cacciati, invece, da altri paesi del Sahel, Niger, Mali e Burkina Faso. Una presenza militare, quella francese nel Sahel, giustificata dalla lotta contro gli estremisti islamici. Paesi, questi ultimi, che si sono avvicinati alla Russia, che ha mercenari dispiegati nel Sahel.
Le “presidenziali”
Mahamat Déby Itno ha preso il potere dopo che suo padre, che ha governato il paese per più di tre decenni, è stato ucciso combattendo i ribelli, nel 2021.
Il 6 maggio scorso, dopo un periodo di transizione, ci sono state le elezioni presidenziali, che Mahamat Déby ha vinto con oltre il 60% dei consensi.
Gli analisti affermano che il presidente diffidava già da tempo della Francia e che la decisione crea un’opportunità per altre nazioni, in particolare per la Russia, Turchia ed Emirati Arabi Uniti.
N’Djamena, tuttavia, ha cercato di non rompere definitivamente i rapporti con l’Eliseo. I suoi diplomatici si sono affrettati a ribadire che non sono per nulla in discussione i legami storici tra i due paesi e che restano in vita le relazioni in altri settori di interesse comune.
Il prossimo è il Senegal
La Francia ha ancora 350 soldati in Senegal, un’altra ex colonia, che rimane un partner di sicurezza nella regione. Ma anche lì la sua presenza militare sembra essere minacciata. Il presidente senegalese Bassirou Diomaye Faye ha detto a Le monde che era «ovvio» che presto non ci sarebbero stati soldati francesi sul suolo senegalese. E ieri all’Afp ha ribadito che la Francia dovrà chiudere le sue basi militari in Senegal, «un paese indipendente, è un paese sovrano e la sovranità non ammette la presenza di basi militari in un paese sovrano».
Per Parigi, questa nuova defezione è un grave segnale di allarme. Il Sahel, un tempo uno dei pilastri della sua influenza in Africa, sta gradualmente scivolando via da sotto i suoi piedi. Sebbene molti analisti vogliano vedere ciò come una manovra del rivale russo che continua a imporsi nella regione, sembra ovvio che le ragioni di questo rifiuto del modello francese nel Sahel e nell’Africa occidentale siano molto più profonde.
La Françafrique si sta sciogliendo sotto il sole caldo dell’Africa Occidentale