Convertirsi alle diversità per continuare a vivere - Nigrizia
Alex Zanotelli Migrazioni Politica e Società
Fermoposta / Dicembre 2024
Convertirsi alle diversità per continuare a vivere
La chiusura promossa con la violenza dai governi suprematisti ci spinge a odiare e voler bloccare il diverso, il migrante. Invece la storia, ora più che mai, ci convoca ad accoglierci fra noi esseri umani
03 Dicembre 2024
Articolo di Alex Zanotelli
Tempo di lettura 3 minuti

Questo articolo è uscito nel numero di Nigrizia di dicembre 2024.

Caro Alex, lei è un esempio da copiare: fare il missionario non è facile, la ammiro per questo. Vengo alla domanda: secondo lei noi occidentali siamo responsabili della povertà del sud del mondo? C’è correlazione tra l’arrivo dei migranti in Europa e il fatto che l’Occidente abbia per secoli depredato i loro paesi, cioè come mi diceva un volontario di una associazione di cooperazione, verranno a migliai a riprendersi ciò che gli abbiamo rubato? Un’ultima domanda, cosa ne pensa delle politiche che adotta il governo riguardo all’immigrazione? Grazie. (Bruno)


Caro Bruno, hai ragione ad affermare che fare il missionario oggi non è facile, soprattutto in questa nostra società occidentale. Sono stati i baraccati di Korogocho, a Nairobi, a convertirmi come missionario. Sono stati loro, in un momento intenso di preghiera, a invocare la Spirito Santo perché mi desse la forza di tornare in Europa a convertire la mia “tribù bianca”. Oggi è l’Occidente cristiano che è chiamato a convertirsi se non vogliamo perire tutti.

Scusami, Bruno, se ti dico che non sono d’accordo quando dici che sono un esempio da copiare. Sono solo un povero discepolo del povero Gesù di Nazaret. Poi ogni cristiano e ogni uomo dovrebbe poter dire, come afferma papa Francesco: «Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Evangelii gaudium, 273).

E vengo alle domande che mi poni: primo, non c’è dubbio che l’Occidente sia responsabile dell’impoverimento del sud del mondo. Noi per 500 anni abbiamo colonizzato il pianeta e lo abbiamo depredato delle sue ricchezze. Il capitale iniziale dell’Occidente nasce dalla colonizzazione e dalla schiavitù. E anche dopo le indipendenze di quei paesi, l’Occidente ha continuato a sfruttare il sud del mondo con politiche neocoloniali che tuttora perdurano, compreso il Piano Mattei per l’Africa del governo Meloni, il cui unico scopo è accaparrarsi gas e petrolio dell’Africa. 

Per questo i giovani del sud del mondo sono costretti a fuggire dalle loro terre. Fuggono da fame, guerre, cambiamenti climatici, che colpiscono con ancor più violenza i paesi poveri. Se l’Occidente fosse meno cieco capirebbe, come afferma giustamente quel volontario di un’associazione di cooperazione che tu citi, che «vengono a riprendersi ciò che abbiamo rubato».

Secondo punto: l’Occidente sempre più cieco ha deciso di imporre politiche migratorie sempre più razziste e criminali, sia in Europa che in Usa e Australia. Sia l’Ue sia il governo italiano di ultra destra hanno deciso di tenere i migranti il più lontano possibile con l’esternalizzazione delle frontiere, sborsando miliardi di euro alla Turchia e a paesi del Nordafrica affinché li trattengano sui loro territori.

Ma il costo umano di questa strategia è sotto i nostri occhi: migliaia e migliaia di morti nel Mediterraneo – io calcolo che sepolti sotto il Mare nostrum ci siano almeno 100mila migranti -. Tutto questo per me è intollerabile. Confindustria afferma che l’Azienda-Italia ha bisogno di almeno 850mila nuovi operai per poter continuare a funzionare. Se i miliardi di euro che spendiamo per esternalizzare le frontiere li investissimo per preparare i migranti a inserirsi nel mondo del lavoro, oggi avremmo un’economia più solida e soprattutto meno morti nel Mediterraneo.

Il problema è che l’Occidente, dall’Europa agli Usa di Trump, sono oggi dominati dall’ideologia del suprematismo bianco che ci porta a rifiutare l’altro, ancor più se questo è nero o musulmano. Su questa strada siamo destinati a sbranarci gli uni e gli altri. Siamo oggi invece convocati dalla storia ad accoglierci, vicendevolmente, ricchi delle nostre diversità culturali e religiose, per far fiorire la «convivialità delle differenze» come amava dire don Tonino Bello.

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