L’Egitto è il paese africano più esposto alla crisi siriana. Dal 2012, anno in cui l’appena eletto presidente egiziano Mohamed Morsi ha iniziato ad accogliere i siriani in fuga dalla guerra civile e dal dittatore Bashar Al-Assad, sono arrivati centinaia di migliaia di rifugiati. Si parla di almeno 500mila persone. Oggi sono ufficialmente registrati come rifugiati o richiedenti asilo oltre 150mila siriani.
Per questo le agenzie di sicurezza del Cairo hanno posto il paese in uno “stato di massima allerta non dichiarato” in seguito, appunto, alla caduta dell’ex dittatore siriano.
Al momento non sono consentite né celebrazioni né proteste a favore della Siria. Lo sanno bene i 17 cittadini siriani arrestati domenica scorsa alla periferia della provincia di Giza mentre celebravano la fine dell’era della famiglia Assad.
Soldati in strada
Secondo alcuni giornali arabi, come il quotidiano The New Arab, le forze armate sono in allerta, in quanto la presidenza ha impartito ordini diretti di schierare le truppe nelle strade d’Egitto nel caso in cui scoppiassero rivolte o si prevedesse un potenziale caos.
Secondo la fonte citata da New Arab, il presidente Abdel Fattah al-Sisi teme che l’onda lunga siriana possa arrivare e creare problemi al suo regime.
«L’agenzia per la sicurezza nazionale ha convocato i leader dei gruppi che hanno a che fare con i rifugiati siriani nel paese e che collaborano con gli organi di sicurezza, e li ha informati che non sarebbe stata mostrata alcuna tolleranza nel caso di manifestazioni», ha osservato la fonte del giornale.
Niente raduni
La stessa Syria AlGad Relief Foundation ha esortato i siriani in Egitto a non organizzare raduni senza previa autorizzazione per evitare l’arresto. Mentre sono diventati virali i video dei siriani che festeggiavano per le strade del Cairo.
Al-Sisi al momento non ha rilasciato alcuna dichiarazione. Si trova nel nord Europa (Norvegia, Danimarca e Irlanda) per incontri a livello istituzionale.
Il ministero degli esteri egiziano ha affermato in un comunicato ufficiale di aver seguito la situazione con «il massimo interesse, confermando il suo sostegno al popolo siriano, alla sovranità del paese e all’unità e all’integrazione del suo territorio».
Posizione controversa verso la Siria
L’Egitto ha avuto una posizione complessa e variegata nei confronti della crisi siriana, influenzata da considerazioni geopolitiche, economiche e di sicurezza regionale.
Il Cairo, ufficialmente, ha sempre sostenuto la necessità di una soluzione politica piuttosto che militare al conflitto siriano. Ha partecipato a iniziative internazionali e regionali volte a promuovere negoziati tra le parti coinvolte. Con Abdel Fattah al-Sisi, l’Egitto ha sempre mantenuto un approccio cauto ma relativamente positivo verso il governo Assad. Pur non appoggiandolo ufficialmente, Il Cairo ha evitato di prendere una posizione apertamente ostile. Si è posto come mediatore neutrale rispetto alle rivalità tra attori regionali, come l’Arabia Saudita, la Turchia e l’Iran, che hanno interessi divergenti in Siria.
Il timore è l’espansione di gruppi estremisti islamici nella regione. Una minaccia vista come un pericolo diretto per la stabilità egiziana, specialmente considerando la situazione nel Sinai, dove il terrorismo è attivo.
Il Cairo e Damasco hanno in comune la repressione senza sconti dei promotori della Primavera araba nei loro paesi.