Intelligenza artificiale in Africa: ostacoli e possibilità di sviluppo
Tecnologia
Sudafrica, Nigeria e Kenya i più avanzati nella sperimentazione. I settori più testati: agricoltura, adattamento al cambiamento climatico ed energia
Intelligenza artificiale in Africa: ostacoli e possibilità di sviluppo
Il continente copre solo il 2,5% del mercato globale dell’AI, frenato da instabilità politica, carenze infrastrutturali e quadri normativi da aggiornare. Ma con una popolazione giovane e in costante aumento ha margini di crescita importanti
17 Dicembre 2024
Articolo di Rocco Bellantone
Tempo di lettura 4 minuti

Secondo la piattaforma Artificial Intelligence for Development (AI4D) l’Africa oggi rappresenta solo il 2,5% del mercato globale dell’intelligenza artificiale (AI, artificial intelligence). Una fetta molto risicata che però è destinata ad aumentare, contribuendo alla crescita economica del continente attraverso la generazione di 2,9 trilioni di dollari entro il 2030.

Un report dell’associazione no profit GSMA che raggruppa operatori della rete mobile di tutto il mondo, intitolato AI for Africa: use cases delivering impact (AI per l’Africa: casi d’uso che producono impatto) stima che sono almeno novanta le applicazioni dell’intelligenza artificiale nel continente, con Kenya, Nigeria e Sudafrica a fare da laboratorio per il maggior numero di sperimentazioni.

I settori più testati sono l’agricoltura (49%), le azioni di adattamento ai cambiamenti climatici (26%) e il campo energetico (24%).

Agricoltura e crisi climatica

Nell’agricoltura, in particolare, i margini di sviluppo sono enormi considerato che il settore impiega il 52% della popolazione attiva africana e contribuisce in media al 17% del PIL dei paesi del continente.

Soprattutto in Africa subsahariana, dove fino all’80% dei prodotti agricoli è frutto del lavoro di piccoli agricoltori che spesso non hanno accesso né a Internet né possono permettersi l’acquisto di smartphone o altri dispositivi elettronici, l’AI può rappresentare una vera e propria rivoluzione.

Qui sono già in funzione app da installare sui telefoni cellulari che grazie all’AI forniscono agli agricoltori informazioni utili su come respingere le invasioni dei parassiti dalle colture e adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici per proteggere i loro terreni da catastrofi naturali.

Uno strumento sempre più in voga si chiama PlantVillage. Servendosi dell’AI PlantVillage aiuta gli agricoltori a riconoscere con rapidità la presenza di malattie sulle colture e bloccarne così la diffusione.

Risultati importanti sta dando anche Flood Hub, un’applicazione che recentemente ha permesso di prevedere con precisione l’arrivo di inondazioni nella provincia del Capo Occidentale in Sudafrica. In Africa sono 23 i paesi in cui questa app, sviluppata in un centro di ricerca di Google in Ghana, diffonde alert contribuendo alla salvaguardia di comunità e raccolti.

Investimenti e lavoro

Nel suo ultimo AI Investment Potential Index l’Agenzia francese per lo sviluppo (AFD) colloca ben 9 paesi africani nella terza fascia (la quarta è quella più alta) in quanto provvisti di capacità adeguate per attrarre investimenti e creare posti di lavoro sfruttando l’AI. Si tratta di Marocco, Mauritius, Gabon, Rwanda, Kenya, Botswana, Tunisia, Senegal ed Egitto.

A questi paesi fanno però da contraltare altri – come Eritrea, Sud Sudan, Mali, Somalia e Sierra Leone – che si collocano in fondo alla classifica globale per la carenza di infrastrutture informatiche e per la mancanza o impossibilità di fare investimenti nel settore.

A livello regionale il continente resta pertanto bloccato in fondo all’indice, con fattori quali instabilità politica, limiti infrastrutturali e sistemi finanziari poco sviluppati che lo rendono meno attraente per gli investitori.

A giugno 2024 i ministri africani delle ICT (Information and Communication Technologies) hanno approvato all’unanimità una strategia continentale sull’AI e l’African Digital Compact, strumenti che puntano ad accelerare la trasformazione digitale del continente contribuendo ad aggiornare i quadri normativi dei singoli paesi, accompagnandoli nel processo di implementazione delle loro infrastrutture informatiche e favorire così gli investimenti e la crescita occupazionale.

Verso partnership pubblico-privato

Più che i governi, a credere nel futuro digitale del continente al momento sono le multinazionali del settore. Come l’americana Nvidia che a settembre ha annunciato la creazione di un centro per l’AI in Tunisia con l’obiettivo di formare mille sviluppatori informatici in un anno.

L’azienda ha inoltre stretto una partnership con le Nazioni Unite per fornire supporto tecnologico e formativo ai governi di dieci paesi (Ghana, Kenya, Rwanda, Senegal, Sierra Leone, Guinea, Mali, Nigeria, Somalia e Togo).

Colmare le carenze infrastrutturali e i divari digitali in molti di questi paesi, alle prese con giunte militari al potere, scontri armati e catastrofi naturali, è un’impresa da portare avanti sul medio-lungo periodo da supportare anzitutto attraverso la messa a sistema di partnership tra settore pubblico e privato.

È un percorso in salita per l’Africa che ha però dalla sua un enorme capitale umano, con una popolazione giovane, sempre più istruita e in costante aumento.

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