Dieci anni fa, la notte del 14 aprile 2014, un gruppo di uomini armati appartenenti al gruppo jihadista Boko Haram faceva irruzione in un istituto scolastico femminile a Chibok, nello stato nord-orientale di Borno, sequestrando 276 ragazze.
La notizia del mega-rapimento fece il giro del mondo, innescando una gigantesca mobilitazione per chiedere la loro liberazione – avviata da un gruppo di donne nigeriane sui social media sotto l’hashtag #BringBackOurGirls – e rivelando a tutti, per la prima volta, la profonda crisi del sistema di sicurezza della Nigeria.
Nel corso degli anni molte di quelle ragazze sono state rilasciate o sono riuscite a fuggire, ma un centinaio di loro restano ancora nelle mani dei sequestratori.
Nel frattempo quello dei rapimenti in Nigeria è diventato un vero e proprio business, praticato non più solo dai terroristi islamisti, ma sempre più anche da dozzine di gruppi criminali, diffusi in particolare nel nord-ovest e nel centro del vasto paese, composti per lo più da ex pastori fulani in conflitto con le comunità di agricoltori. Ma anche da gang organizzate che colpiscono persone in viaggio e sacerdoti.
Un’attività estremamente redditizia e a basso rischio, vista la scarsa sorveglianza delle forze di sicurezza, che consente loro di ottenere il controllo di parti del territorio – e delle sue risorse minerarie – terrorizzando la popolazione rurale, e di procurarsi denaro per acquistare armi e finanziare altre attività criminali.
Il sostanziale fallimento delle strategie di contrasto messe in campo in questi dieci anni dal governo, ha favorito il dilagare del fenomeno, spinto anche dal proliferare dei traffici illeciti di armi attraverso i porosi confini.
Nel mirino di questi gruppi restano in particolare studenti e studentesse. Dai fatti di Chibok ad oggi sono stati rapiti almeno 1.500 studenti e studentesse.
Gli ultimi il 7 marzo scorso, quando 137 bambini e bambine furono prelevati dalla LEA Primary and Secondary School nel villaggio di Kuriga, nello stato centrale di Kaduna, e portati nelle foreste dello stato di Zamfara, un’enclave nota per i rapimenti, lontana più di 200 chilometri. Per la loro liberazione era stato chiesto un riscatto di 1 miliardo di naira, pari a quasi 622mila dollari.
Oltre due settimane dopo, il 24 marzo, le autorità avevano annunciato che le forze di sicurezza avevano tratto in salvo tutti, senza fornire ulteriori dettagli sulle operazioni militari condotte.
Le scuole e i giovani studenti, d’altronde, restano bersagli facili per i gruppi armati, perché poco sorvegliate. Un recente sondaggio dell’ufficio nigeriano dell’UNICEF, condotto su oltre 6mila istituti, ha rilevato che vi erano applicati solo il 43% degli standard minimi di sicurezza previsti.
Complessivamente in Nigeria, la società di consulenza SBM Intelligence, ha registrato il rapimento di 4.777 persone dall’entrata in carica del presidente Bola Tinubu nel maggio dello scorso anno.