Le elezioni in Algeria sono state anticipate a settembre. La scelta del presidente preannuncia un evento molto controllato. Per decenni, l’esercito algerino è stato tra gli attori dominanti in un paese strategicamente importante del Nordafrica. Un attore che ha garantito al Fronte di liberazione nazionale (Fln) di rimanere al potere. Il presidente Tebboune, ex primo ministro di Bouteflika e a lungo al potere, rappresenta la perpetuazione di questa struttura di potere che ha il controllo della camera alta del parlamento e del Consiglio superiore della magistratura. Un paese che sta restringendo sempre più gli spazi di libertà, con il movimento Hirak rimasto solo un ricordo. E se è la sua economia è la quarta del continente è anche vero che dipende troppo dal mercato degli idrocarburi
Se nelle elezioni del 2018 la parola “cambiamento” si sentiva pronunciare a piena voce, oggi viene appena bisbigliata dai 44 milioni dai elettori. Troppa la delusione per l’esito pilotato del voto di cinque anni or sono e troppo evidente che la svolta, attesa perlomeno dalla caduta di Mobutu quasi trent’anni fa, è ancora di là da venire.
Cercare di comprendere i problemi e le prospettive dell’Eritrea di oggi sembra implicare due sforzi di natura diversa: il primo è quello di ripercorrere con attenzione la storia del paese, analizzando la traiettoria prima rivoluzionaria e poi autoritaria del presidente Isaias Afwerki, al potere da 32 anni. Questo, tuttavia, senza rimuovere un dato: l’Eritrea non è sempre stato il paese osteggiato da buona parte della comunità internazionale come lo è ora. Anzi, per un breve periodo è stato visto come una speranza per il Corno d’Africa. Il secondo elemento sta invece nell’accogliere la paura di chi è fuggito dalla condizione di enorme prigione a cielo aperto che il paese rappresenta per molti. Un paese che vive una povertà diffusa e un’asfissiante sistema di controllo la cui vittima è la popolazione.
Nulla è immobile però. Nuovi e vecchi partner internazionali si affacciano alla porta del regime. A trasformarsi sono anche le forme del dissenso: tanti giovani della diaspora hanno avviato una forma nuova di agire contro il regime.
Non è solo la povertà o i cambiamenti climatici, o l’avanzata del jihadismo ad accomunare i diversi paesi della regione. Parallelismi si possono trovare anche nella sfiducia nello strumento della democrazia come migliore forma di governo. Sono tanti i punti di vista con i quali leggere una realtà complessa com’è questa regione. Noi ne proponiamo alcuni
Il controverso presidente Weah ha un pessimo curriculum di governo, ma nessun candidato sembra abbastanza forte da sconfiggerlo nel voto di ottobre. Il più autorevole sembra essere Joseph Nyumah Boakai, un candidato d’antan, buono per tutte le stagioni. La temperatura sta comunque salendo rapidamente nel paese.
Il processo di democratizzazione del paese appare un problema complesso dove s’intrecciano problemi locali e di respiro più ampio. La grave situazione economica e il metodo repressivo adottato dal partito al potere rendono a rischio l’appuntamento agostano.
Il palazzo presidenziale nella capitale Libreville è il simbolo di una famiglia che ha determinato le sorti del paese da più di cinquant’anni. Prima il padre Omar Bongo, legato a Parigi e al sistema Françafrique, e dal 2009 il figlio Ali che il prossimo agosto si presenta per un terzo mandato da presidente.
La Repubblica democratica del Congo è una calamita per gli interessi, non disinteressati, delle superpotenze. La sua ricchezza mineraria la rende potenzialmente uno dei paesi più ricchi del pianeta. Eppure è tra i più poveri. Con uno sfruttamento delle risorse che mette a rischio il suo stesso territorio. Il dossier affronta il tema, già molto dibattuto anche su queste pagine, con chiavi di lettura insolite...
Dopo oltre 40 anni di conflitto, questa enclave senegalese ha sviluppato una sorta di sindrome da sdoppiamento di personalità: da un lato il ricordo, ravvivato periodicamente, dalle azioni militari e dei rapimenti della milizia; dall'altro la volontà di voltare pagina, particolarmente evidente tra i giovani e sulle coste piene di turisti...
La modernizzazione intrapresa dal presidente Patrice Talon - giunto al secondo mandato pur facendo traballare le istituzioni democratiche - sta dando risultati altalenanti e riguarda soprattutto il sud del paese...
Quelle del 25 febbraio saranno le elezioni più importanti dell’anno. E non solo in Africa. La Nigeria, con i suoi 93 milioni di elettori è la seconda democrazia presidenziale al mondo ...
Due appuntamenti elettorali, in Nigeria e in Rd Congo, gli equilibri politici nel Corno d’Africa. La disputa tra Francia e Russia per prevalere .... Angola, Mozambico ...Un altro anno impegnativo