«Il 3 ottobre 2013, 368 persone muoiono al largo delle coste di Lampedusa.
Sono passati dieci anni e le morti in mare secondo l’OIM sono salite a oggi a più di 25.000. Numeri assurdi e vergognosi, che ci mettono di fronte al fatto che dopo aver gridato “mai più morti”, la politica ha di fatto riproposto lo stesso approccio.
Si sono susseguiti molti governi e decreti sicurezza: i cosiddetti Minniti Orlando, Salvini, Cutro. Nessuno di questi è intervenuto in chiave risolutiva e tutelante per i diritti fondamentali cristallizzati all’interno di convenzioni internazionali e di normative comunitarie. Nessuno si è occupato di persone. Anzi, appare piuttosto evidente come, a suon di decreti, si sia continuamente erosa la libertà di movimento e il diritto a richiedere protezione internazionale.
Oggi, alla tendenza ad esternalizzare i confini, con accordi come quello tra Italia-Libia o il più recente memorandum siglato con la Tunisia, si affianca la volontà di aumentare a 16 il numero di paesi considerati sicuri e il numero di centri per il rimpatrio, estendendoli ad ogni regione e affidando la loro costruzione all’esercito italiano.
Il decreto, approvato lunedì 18 settembre, prevede la possibilità di estendere a 18 mesi lo stato di detenzione “amministrativa” di chi si trova irregolare sul territorio.
E ancora si arriva a prevedere senza pudore il pagamento di una somma di circa 5.000 euro per non essere privati della propria libertà personale.
Si tratta dell’ennesimo provvedimento che si inserisce all’interno di un disegno più ampio, lesivo dei diritti fondamentali di migliaia di persone.
La strage di Lampedusa, così come quella di Cutro non sono state sufficienti per rimettere in discussione l’approccio securitario e razzista al fenomeno migratorio, che altro non è se non il ritorno della colonia. “Siamo qui perché voi eravate lì”. “Siamo qui perché voi siete ancora lì”, dicono le voci capaci di riconnettere le fila di una politica di morte che nasce con il colonialismo e continua oggi con la Fortezza Europa. Una fortezza che seleziona all’ingresso dei propri confini, e che sfrutta l* sopravvissute: nelle campagne, nelle fabbriche, nelle case, marginalizzando, discriminando, creando una divisione nazionale, etnica e razziale tra cittadin* e suddit*.
Sono questi i motivi per cui il 3 ottobre scendiamo in piazza per ribadire la nostra forte contrarietà alle leggi segregazioniste che governano l’immigrazione.
Invitiamo tutta la cittadinanza a partecipare e portare con sé qualcosa di arancione e/o una coperta termica.
Facciamo memoria della storia migrante italiana, facciamo memoria di tutte le vittime, persone non numeri, morte su confini ideologici e muri razzisti disseminati per qualche consenso e di tutti coloro che sono sepolti nel grande cimitero mediterraneo.
Siamo consapevoli dell’importanza di promuovere una cultura dell’accoglienza che si sappia schierare a fianco dei diritti e delle libertà di movimento.
La nostra umanità non può essere sepolta o annegare nell’assuefazione o indifferenza».
Promuovono:
Afroveronesi
Amnesty Verona
Associazione tunisini di Verona
CGIL Verona
Fridays for Future
Infospazio 161
Nigrizia
One bridge to Idomeni
Osservatorio Migranti
Progettomondo
Rete degli studenti medi
Refugees Welcome Verona
Sportello sociale per i diritti Verona
Udu – Unione degli Universitari di Verona
Yanez Verona
Aderiscono:
Arcigay
ARCI Verona
ANPI Verona
ANPI Sezione Verona Centro
Associazione per la Pace
Centro Pastorale Immigrati – Migrantes
Cestim Centro Studi Immigrazione ETS
Villa Buri
Chiesa valdese
Comitato Festival del Cinema Africano di Verona
Comunità di Base Verona
Cooperativa la casa per gli immigrati
Cub
Il sorriso di Ilham Onlus
Circolo culturale ARCI Rossi da Brodo aps
La Rete Radié Resch
Le Fate Ets
Medici Senza Frontiere Gruppo di Verona
Mediterranea Saving Humans Verona
Xr Verona
Gruppo Radici dei Diritti dell’Università di Verona
SAE Verona