Negli ultimi anni si assiste ad un incremento di attività illecite legate al mondo dell’online nell’Africa subsahariana. In particolare sotto forma di truffe legate a conti bancari e carte di credito.
Ne dà conto il Guardian, che ha intervistato vari esperti, tra cui l’autore di un report in materia pubblicato dal Brookings Institution, uno dei principali think-tank statunitensi, vicino al Partito democratico di Joe Biden.
Fra i fattori principali alla base di questo boom troviamo il Covid-19. Come in altre zone del mondo, la pandemia ha spinto molti stati ed economie africani a migrare servizi e attività verso l’online. Il che ha ampliato anche gli spazi d’azione per gli specialisti dei crimini informatici.
La riprova dell’esistenza di nuove praterie illegali viene dall’Operazione Jackal, un’indagine su scala continentale che l’Interpol ha concluso lo scorso mese e che toccava ben 4 continenti. Gli inquirenti hanno rilevato atti illeciti che coinvolgono circa 14 stati africani e hanno arrestato più di 70 persone per reati informatici legati alla famigerata Black Axe, una organizzazione dedita ai reati informatici basata in Nigeria e con succursali in Sud Africa, Costa d’Avorio e altrove nel continente, ma con diramazioni anche in Europa, USA, Medio Oriente e Sud-est asiatico.
L’Interpol ha intercettato €1,2 milioni in conti bancari, sequestrato tre veicoli e una casa. Un bottino che appare tutto sommato magro, visto la vastità della rete globale.
I proventi delle attività sono solitamente investiti e integrati in altri settori illeciti più tradizionali, come traffico di droghe e esseri umani. (RV)