Fa parte della scena letteraria mondiale ed è considerata l’erede, quanto a impegno civile e a contestazione della cultura coloniale, di padri della letteratura nigeriana quali Amos Tutuola, Chinua Achebe e Wole Soyinka.
Ora i lettori italiani hanno a disposizione uno strumento di lettura critica dell’opera letteraria di Ngozi Adichie: l’autrice è dottore di ricerca in Letterature postcoloniali anglofone, africane e di migrazione, e ha collaborato con Università e istituti di ricerca italiani, britannici e statunitensi.
Il saggio si sofferma in apertura su una conferenza tenuta da Adichie nel 2009 negli Stati Uniti, poi divenuta un pamphlet pubblicato in italiano da Einaudi nel 2020, Il pericolo di un’unica storia. Adichie: «Quando rifiutiamo l’unica storia, quando ci rendiamo conto che non c’è mai un’unica storia per nessun luogo, riconquistiamo una sorta di paradiso».
Nei successivi capitoli, oltre al tema dei femminismi africani, si analizzano le sue opere maggiori. Ibisco viola, 2003, che si dispiega sulle vicende postcoloniali, il patriarcato e i conflitti etnico-religiosi; Metà di un sole giallo, 2006, che batte i tasti del panafricanismo e della riscrittura della storia patria; Americanah, 2013, incentrato su globalizzazione, emigrazione e diaspora.
L’anglista Andrea Sirotti, traduttore di Americanah, chiude il libro osservando che tradurre Adichie significa seguirla nelle sue poliedriche identità e ruoli: narratrice di storie, “public speaker”, attivista, linguista…