Per l’Africa la mancata demarcazione di parti dei confini è un’annosa questione tutt’ora irrisolta, fonte di dispute territoriali a livello locale e di veri e propri conflitti tra nazioni.
Per tentare una via di risoluzione pacifica delle controversie sui confini, l’Unione Africana ha adottato nel 2014 la cosiddetta Convenzione di Niamey sulla cooperazione trans-frontaliera.
Fino ad oggi, però, il protocollo è stato sottoscritto solo da 18 dei 55 Stati membri dell’UA.
E solo 6 dei firmatari l’hanno ratificata: Benin, Burkina Faso, Guinea, Mali, Niger e Togo. Mentre, affinché entri in vigore, deve essere ratificato da almeno 15 Stati membri.
«Si tratta di un problema complesso e costoso», ha dichiarato il rappresentante dell’UA, Frederic Gateretse Ngoga.
Ma, ha aggiunto, «L’Unione Africana intende garantire che la questione si risolva». E i paesi interessati hanno solo quattro anni prima della scadenza del termine fissato per la demarcazione o il ripristino dei confini territoriali contesi, fissato al 2027.
L’importanza di ridefinire i confini dei paesi interessati nasce dal fatto che l’assenza di chiarezza è fonte di conflitto.
«Una linea di confine che non è ben delimitata è all’origine della maggior parte delle controversie sui confini nel continente», ha detto Ngoga parlando a Namanga, città di confine tra Tanzania e Kenya, scelta come tappa di una carovana della pace tra le popolazioni transfrontaliere, organizzata ai primi di luglio dalla Comunità dell’Africa Orientale (EAC).
Nel continente, nel 2021 erano state identificate almeno 22 controversie di confine e territoriali tra le nazioni in Africa. Che sarebbe aumentate fino alle oltre 100 attuali.
Situazioni di tensione, spesso aggravate dalla proliferazione di armi leggere o di piccolo calibro.
Il perdurare di queste condizioni rischia tra l’altro di minare gli sforzi per una integrazione regionale «creando insicurezza nelle comunità di confine e nella circolazione di persone, beni e servizi», ha concluso Ngoga.
Musalia Mudavadi, già vicepresidente del Kenya e attualmente primo segretario di gabinetto ha dal canto suo affermato: «La vigilanza è essenziale. Dovrebbero esserci squadre congiunte di indagine e demarcazione per identificare soluzioni pacifiche nelle controversie».
E ha ricordato che alcune polemiche tra i paesi dell’EAC sono state innescate dalla mancanza di una gestione congiunta delle risorse naturali condivise.
La città di Namanga è stata scelta per la carovana della pace come esempio positivo, dato che nell’area le comunità locali hanno vissuto in armonia, una situazione che dovrebbe estendersi all’intera macro-regione.
La carovana per la pace di sette giorni, ha coinvolto rappresentanti della comunità atekar, composta da turkana (Kenya), toposa (Sud Sudan) e karimojong (Uganda).
Il gruppo ha potuto interagire con le comunità di confine tra i tre paesi per prendere esempio da realtà virtuose riguardo alla convivenza pacifica.