Davvero la voragine della disinformazione si sta allargando nei paesi africani?
Nella giornata internazionale per la libertà di stampa che ricorre oggi, 3 maggio, i diversi studi pubblicati in materia dimostrano come nel teatro dell’informazione africana il sipario si alzi su una scena estremamente eterogenea.
La libertà di stampa si muove tra numerose ombre e luci discrete. Mentre alcuni paesi dipingono un quadro di trasparenza e apertura, la realtà di molti altri è ancora (e a volte sempre di più) oscurata dalla censura.
L’indice annuale di Reporter senza frontiere (Rsf) restituisce questa complessità. Se si guarda all’insieme, e soprattutto all’Africa subsahariana, la situazione non è drammatica come si potrebbe pensare. Vanno segnalati diversi progressi e situazioni tutto sommato stabili. Oltre al sorprendente balzo in avanti della Mauritania, che si classifica al 33° posto su 180 paesi, ottiene ottime posizioni anche la Namibia (34°), da anni ormai tra i primi tre paesi del continente in classifica anche se nel 2023 è scesa di 12 posizioni – un fattore che in parte è determinato anche dal miglioramento di altri paesi, che l’hanno superata. Seguono le Seychelles (37°), il Sudafrica (38°) e Capo Verde (40°). Tutti al di sopra dell’Italia, che quest’anno ha perso 5 posizioni e si attesta al 46° posto, molto al di sotto di buona parte dei suoi partner europei.
Un complessivo peggioramento si registra nell’area Sahel, soprattutto nei paesi golpisti e in particolari in Niger, sceso di 19 posizioni e ora 81°, e Burkina Faso, ora 86°. In Burkina, in particolare dall’ultimo colpo di stato, il clima relativo alla stampa è mutato drasticamente, tanto che nel novembre 2023 è stata approvata una riforma che aumenta notevolmente il controllo governativo sui media. A farne le spese, i media occidentali ma anche l’impegno quotidiano dei giornalisti locali.
Vari progressi invece nel resto dell’Africa occidentale. Il Ghana sale di dodici posizioni, passando da 62° a 50°. Il Senegal, pur con tutta l’agitazione politica che lo ha attraversato nell’ultimo anno, ne guadagna 10 (94°), così come anche il Sierra Leone (64°).
Molto più drammatica invece la situazione del Corno d’Africa, dove si trovano alcuni dei paesi ritenuti con la minore libertà di stampa del pianeta. Impossibile non portare l’attenzione su un dato: il paese con il punteggio più basso al mondo, sui 180 esaminati è l’Eritrea. Un risultato che strappa il posto persino alla finora imbattibile Nord Korea. Più in alto, ma con una situazione comunque drammatica si trovano l’Egitto (170°), il Djibouti (161°), il Sudan (149°) e la Somalia (145°).
Tirando le somme in mezzo a tutti questi dati, se in alcune aree del continente i media stanno conoscendo una graduale fase di apertura, non va dimenticato che rispetto all’anno scorso i paesi con una situazione ritenuta “molto grave” sono raddoppiati e che le elezioni politiche del 2023 hanno dimostrato fragilità strutturali nel diritto alla libertà di stampa. E’ il caso della Nigeria, del Madagascar e della Repubblica Democratica del Congo, dove nel periodo elettorale i giornalisti hanno subìto aggressioni, minacce e intimidazioni.
Non solo Reporter senza frontiere: il caso di Afrobarometer
Reporter senza frontiere è una, benché la più nota, delle realtà che si occupano di fornire dati sulle condizioni della libertà di stampa nel mondo. Non di rado è capitato che classifiche prodotte da realtà diverse riportassero risultati differenti, a volte con un distacco notevole di punteggio. Un altro aspetto che è interessante indagare riguarda la percezione che i cittadini hanno della libertà di stampa nel loro paese e del ruolo che i media dovrebbero svolgere. Un nuovo sondaggio di Afrobarometer si è occupato proprio di questo e ha prodotto risultati sorprendenti, se considerati dopo aver letto l’indice di Rsf. In Tunisia per esempio, il 69% dei votanti ha dichiarato che i media dovrebbero criticare e denunciare le storture governative e il 77% ha risposto positivamente alla domanda se c’è effettivamente libertà di stampa nel paese. Ma se si va a consultare i dati di Reporter senza frontiere, si scopre che la Tunisia è classificata al 118° posto, con due giornalisti attualmente detenuti e una progressiva crescita di intimidazioni. Un discorso simile si può fare per il Mali, dove il 72% dei partecipanti al sondaggio ha ritenuto buona la situazione della libertà di stampa nel paese e il 74% l’ha definita un valore importante. Eppure Rsf lo colloca al 114° posto.
Viceversa, in paesi in cui si ritiene generalmente che i media godano di un discreto spazio di manovra, i numeri di Afrobarometer riportano una percezione molto diversa. E’ il caso della Costa d’Avorio (54° posto per Rsf, 8 posizioni più in basso dell’Italia), dove però solo il 37% delle persone ritiene che i media del paese si possono considerare liberi. O del Gabon, 56° posto per Rsf, con solo il 14% dei partecipanti al sondaggio di Afrobarometer che hanno espresso una visione positiva. Il che può voler dire, banalmente, che più si è informati adeguatamente, e più si in grado di avere una visione critica del contesto in cui ci si trova. E guardando il panorama non soltanto africano, ma mondiale, con peggioramenti molto più significativi dei miglioramenti, non pare troppo cinico dare corda agli scettici. (AB)