L’impatto del cambiamento climatico aggrava ulteriormente la tensione all’interno degli stati fragili e devastati dalla guerra. Le conseguenze sono un aumento significativo dei tassi di mortalità (+10%) e una drastica contrazione del prodotto interno lordo (Pil).
A dirlo è il Fondo Monetario Internazionale ( FMI) in un rapporto diffuso mercoledì.
L’elenco delle nazioni categorizzate come “stati fragili e colpiti da conflitti” della Banca Mondiale ammonta attualmente a 39, di cui 21 in Africa. Tra loro, Repubblica Centrafricana, Mali, Somalia, Sudan. Nel rapporto, si è esaminata l’evoluzione di tutti e 61 i paesi presenti in questa lista a partire dal 2006. Dai risultati emersi, si è dedotto che gli eventi climatici estremi non sono in grado di scatenare conflitti, ma acuiscono le tensioni già esistenti e esasperano altre fragilità sottostanti, come la carestia e la povertà.
In particolare, sono stati dimostrati gli effetti più duraturi dei costi macroeconomici inflitti ai paesi più in difficiltà.
Le perdite cumulative del Pil arrivano al 4% circa nei paesi fragili tre anni dopo gli eventi climatici estremi, in contrasto con l’1% riscontrato in altre nazioni. Si stima che la siccità all’interno dei paesi fragili comporterà ogni anno una riduzione di circa lo 0,2% nella crescita annuale del PIL pro capite, determinando un ulteriore declino della redditività rispetto agli altri paesi.
All’interno degli stati fragili, ogni anno, il numero di individui colpiti da catastrofi naturali è tre volte superiore rispetto ad altri. Inoltre, i disastri che li colpiscono portano a un tasso di sfollamento che supera di più del doppio la percentuale riscontrata in altre nazioni.
Stiamo parlando di paesi in cui le temperature sono già di per sé più elevate rispetto ad altre nazioni, data la loro posizione geografica. Ma si prevede che entro il 2040, questi paesi potrebbero affrontare una media di 61 giorni all’anno con temperature superiori a 35 gradi Celsius, quattro volte in più rispetto ad altri paesi. Queste onde di calore estremo, con gli eventi drammatici che ne conseguono, sono una minaccia per la salute umana, ma non solo. Arrecheranno danni alla produttività e all’occupazione in settori cruciali come l’agricoltura e l’edilizia.
Inoltre, si stima che il cambiamento climatico potrebbe portare una carestia aggiuntiva per circa 50 milioni di persone entro il 2060 all’interno di queste nazioni.
Nonostante le crescenti evidenze del cambiamento climatico, la volontà politica di intraprendere azioni decisive è stata indebolita dalla precaria situazione economica.
(AB)