Sono oltre 40 milioni gli africani che vivono lontani dal loro paese d’origine.
Circa 21 milioni risiedono in un altro paese africano. Dato quasi certamente sottostimato visto che molti stati africani non tengono alcuna traccia delle migrazioni. Un dato che segna comunque un aumento significativo rispetto al 2015, quando si stimava che fossero circa 18 milioni gli africani emigrati in un paese del continente.
Le principali aree di destinazione di questa migrazione interafricana sono le realtà urbane di Nigeria, Sudafrica ed Egitto. Spostamenti che riflettono il dinamismo economico dei luoghi di arrivo.
Tra i migranti africani che si sono spostati, invece, fuori dal continente, circa 11 milioni vivono in Europa, quasi 5 milioni in Medioriente e più di 3 milioni in Nordamerica.
È la fotografia dell’African migration trends to watch in 2022 pubblicata dal sito africacenter.org che ha tratto la maggior parte dei dati dal World migration report 2022.
Nel 2020, l’Egitto era il paese che aveva il maggior numero di persone residenti all’estero, seguito da Marocco, Sud Sudan, Sudan, Somalia e Algeria.
Il Sudafrica rimane il paese di destinazione più significativo in Africa, con circa 2,9 milioni di migranti internazionali residenti nel paese. Tuttavia, è un dato in calo di oltre il 9% rispetto al 2015, quando il paese aveva oltre 3,2 milioni di migranti internazionali. Altri paesi con un’alta percentuale di popolazione immigrata, in proporzione alla loro popolazione totale, ma che non rientrano tra i primi 20, sono il Gabon (19%), la Guinea Equatoriale (16%), le Seicelle (13%) e la Libia (12%).
I disastri climatici e le migrazioni
Il continente africano sta affrontando molte crisi climatiche: dalla siccità alle inondazioni, dai cicloni alle pandemie. La Banca mondiale prevede che ci saranno 86 milioni di migranti per il cambiamento climatico in Africa entro il 2050. Solo nell’ultimo anno, nell’area subsahariana le persone costrette a scappare sono state circa sei milioni a causa di conflitti e violenze, e quattro milioni a causa di disastri ambientali come riportato nel Global Trend Internally displacement 2021, elaborato dall’IDMC (Internal Displacement monitoring centre). Nello specifico, sempre secondo i dati dell’IDMC, i paesi più colpiti dalla crisi migratoria del 2020 in Africa sono stati la Repubblica democratica del Congo, i paesi del Corno d’Africa, la Nigeria e il Burkina Faso.
Molti dei 18 milioni di lavoratori migranti stagionali in Africa potrebbero veder scomparire i loro posti di lavoro nell’agricoltura, nelle miniere e nella pesca, aumentando le prospettive di una migrazione permanente alla ricerca di nuove opportunità di lavoro. Gli impatti ambientali ha condizionato la vita economica del 30% degli africani dell’area occidentale e centrale e degli etiopici nel Corno d’Africa.
La vulnerabilità che porta alla tratta
La chiusura delle frontiere legata al Covid-19 ha fatto sì che decine di migliaia di migranti siano rimasti bloccati in tutta l’Africa. Molti hanno perso il lavoro, altri la casa. Anche dopo la riapertura delle frontiere, le continue restrizioni di viaggio e sanitarie hanno influito sulla mobilità dei migranti regolari e irregolari.
In Nordafrica, quando i passaggi dalla Libia all’Europa sono diventati più difficili, la migrazione irregolare verso il Vecchio Continente si è spostata più a ovest, verso il Marocco e le isole Canarie. Tra gennaio e metà dicembre 2021 sono giunti via mare in Spagna (nella penisola, negli arcipelaghi delle Isole Baleari e nelle Canarie) un totale di 37.385 migranti. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha stimato il 2021 l’anno più mortale sulla rotta migratoria verso la Spagna, con almeno 1.025 morti.
Decine di migliaia di migranti negli stati del Golfo provenienti dall’Etiopia sono stati detenuti in prigioni affollate e insalubri e poi deportati.
Si stima che 32mila migranti africani siano rimasti bloccati nello Yemen, dopo aver tentato di raggiungere gli stati del Golfo. Alcuni di loro sono diventati vittime della tratta, costretti a lavorare in condizioni disumane per pagare i loro debiti oppure sono stati rapiti per ottenere un riscatto. Secondo l’Oim, da maggio 2020, 18.200 migranti hanno contattato dei contrabbandieri per essere riportati dallo Yemen al Corno d’Africa.
Sfollati, rifugiati, richiedenti asilo
Ma un numero assai elevato sono gli africani che hanno lasciato le loro case per rifugiarsi in un posto sempre all’interno del loro paese. Lo sfollamento forzato ha raggiunto livelli record nell’ultimo decennio. L’Africa ospita attualmente il più alto numero di persone costrette a fuggire: quasi 36 milioni sulle oltre 84 milioni costrette alla fuga da conflitti, violenze, persecuzioni e cambiamenti climatici.
La maggior parte dei rifugiati e dei richiedenti asilo nel continente è ospitata nei paesi vicini all’interno della stessa regione. Il Sud Sudan è stato il paese di origine del maggior numero di rifugiati in Africa nel 2020 (2 milioni) e si colloca al quarto posto nel mondo dopo la Siria, il Venezuela e l’Afghanistan. La maggior parte dei sudsudanesi è accolta in paesi vicini come l’Uganda, che è lo stato che ospita il maggior numero di rifugiati (circa un milione e mezzo) in Africa e si colloca al quarto posto nel mondo dopo Turchia, Colombia e Pakistan. Altri grandi paesi africani che ospitano rifugiati nel 2020 sono stati il Sudan e l’Etiopia.