«Un genocidio strutturale». È la definizione di padre Alex Zanotelli di quel che è accaduto nell’enclave spagnola di Melilla il 24 giugno scorso, quando oltre 23 migranti (37 secondo molte organizzazioni spagnole e marocchine) sono morti nel tentativo di oltrepassare la frontiera della città autonoma spagnola in territorio nordafricano.
Indagine della Procura spagnola
Un fatto su cui la Procura nazionale spagnola ha aperto un’indagine per chiarire cosa è realmente accaduto. Si è trattato del primo ingresso di massa nella città autonoma dopo la normalizzazione delle relazioni tra Spagna e Marocco nell’aprile 2022, in seguito al cambiamento di posizione del primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, sul Sahara Occidentale.
Nei giorno scorsi, l’Alta commissaria delle Nazioni unite per i diritti umani, Michelle Bachelet, aveva invitato i governi di Spagna e Marocco a condurre un’indagine «efficace» e «indipendente» sull’accaduto, dichiarando di aver ricevuto segnalazioni di «migranti picchiati con manganelli, presi a calci, spinti e attaccati con pietre da funzionari marocchini mentre cercavano di scavalcare la recinzione di filo spinato».
La misura adottata dalla Procura nazionale arriva anche dopo che diverse associazioni di giudici e procuratori avevano chiesto un’indagine su quanto accaduto il 24 giugno, descritto come una «violazione dei diritti umani».
Il Consiglio di sicurezza dell’Onu tiene oggi una riunione a porte chiuse sugli eventi di Melilla.
Rabat colpevolizza i migranti
Il Marocco, tuttavia, sembra andare controcorrente. La giustizia locale, infatti, ha deciso di perseguire 65 migranti per aver partecipato a quel tentativo di attraversamento dell’enclave spagnola. L’avvocato che difende i migranti ha chiarito che la maggior parte proveniva dal Darfur, nel Sudan occidentale, in preda a una grave crisi alimentare e dove le recenti violenze hanno provocato oltre 125 morti e causato lo sfollamento di 50mila persone. Gli altri sono ciadiani e maliani. Uno è yemenita.
La presa di posizione di Zanotelli
Sulla vicenda è intervenuto con un comunicato molto duro, pubblicato dall’agenzia Adnkronos, padre Alex Zanotelli. Che ha definito i fatti di Melilla «un genocidio strutturale». Il comboniano, a nome del Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti, ha espresso «orrore e sgomento» per quel che è avvenuto nell’enclave spagnola. «È l’ennesimo orrore perpetrato alle frontiere del Vecchio continente da una politica razzista e criminale dell’Europa, conosciuta con il nome di “esternalizzazione delle frontiere”, con cui la Ue paga profumatamente i governi del Marocco, Libia, Tunisia, Turchia affinché trattengano sul loro suolo i profughi in fuga da guerre, da fame e cambiamenti climatici. Sono i disperati della storia che premono alle nostre frontiere e noi respingiamo. Questo è un genocidio strutturale».
« “È inaccettabile che si rivendichino frontiere impermeabili per i pacifici della terra”, scriveva il vescovo di Tangeri (Marocco), Angelo Agrelo, quando il 6 febbraio 2014, 15 profughi sono stati uccisi nel tentativo di scavalcare le rete metallica di Ceuta» ricorda sempre il missionario. Si respingono gli ultimi e si tollerano «frontiere permeabili al denaro della corruzione, al turismo sessuale, alla tratta di persone e al commercio delle armi. Sono omicidi che commettiamo legalmente, crimini contro l’umanità, uccidendo decine di migliaia di disperati in cerca di speranza (quasi 50.000 sono sepolti nel Mediterraneo)».
Per questo, padre Zanotelli fa sapere che il Digiuno di giustizia del mese di luglio si terrà a Napoli il 1° luglio alle ore 18,30 in largo Berlinguer (via Toledo) insieme alle Veglie in Mare e ad altre realtà sensibili al dramma dei fratelli e sorelle profughi/e.