Due anni dopo la fuoriuscita di petrolio che ha colpito l’isola di Maurizio, la rabbia è ancora tanta tra la popolazione
Quasi duemila mauriziani intraprenderanno un’azione collettiva contro il proprietario della MV Wakashio, la nave lunga 300 metri che si è schiantata il 25 luglio del 2020 sulla barriera corallina di Pointe d’Esny, un’area di importanza mondiale per la tutela della biodiversità: marina e terrestre.
Si è conclusa con una condanna a venti mesi di carcere il processo a carico del capitano e del vice-capitano. Ora il proprietario vorrebbe limitare i risarcimenti a 16,5 milioni di dollari, mentre le vittime di questo ciclone ecologico li stimano quasi il triplo. La Corte Suprema delle Maurizio avrebbe dovuto decidere il 18 agosto. Sentenza rinviata a settembre.
Carburante “tossico”
In partenza da Lianyungang, in Cina, per Tubarão in Brasile, la nave MV Wakashioa ha dovuto deviare dalla sua traiettoria, in quella notte dell’estate del 2020, per avvicinarsi all’isola africana. Nave che non era una petroliera. Ma andava in Brasile per caricare minerali ferrosi. Il problema è che una nave del genere “contiene” qualche migliaio di tonnellate di carburante che, più o meno, equivale al carico di una petroliera degli anni ’50. E questo carburante è generalmente assai più tossico del “crude”, ovvero del petrolio non raffinato.
La prima terribile responsabilità dell’equipaggio è che il capitano non aveva alcuna carta nautica delle acque mauriziane. Quella sera, un solo ufficiale di vedetta fece la guardia sul ponte. Il capitano e i suoi uomini si stavano ubriacando a una festa di compleanno.
Schiantata sulla barriera corallina
La nave, da 203.000 tonnellate, si è schiantata sulla barriera corallina di Pointe-d’Esny, un villaggio vicino all’aeroporto di Plaisance, provocando una fuoriuscita di petrolio che ha sconvolto la vita quotidiana degli abitanti.
La fuoriuscita di petrolio ha impedito per diversi mesi alle persone, già colpite dal confinamento da Covid-19, di uscire in mare per la pesca, tra le principali attività economiche dell’isola.
La non reattività della guardia costiera
Con onde alte 5 metri, si è avuta una prima perdita di olio pesante il 6 agosto 2020. L’area ospita la Riserva Protetta Blue-Bay, e Ile-aux-Aigrettes, un isolotto trasformato in riserva naturale e stazione di ricerca scientifica per flora e fauna in via di estinzione. Quattro giorni dopo, il disastro è stato totale: in laguna si riversarono mille tonnellate di petrolio.
La guardia costiera non ha reagito immediatamente. La stazione di Pointe-du-Diable ha avvertito il quartier generale della presenza della nave troppo vicina ala costa. Ma l’avviso è stato ignorato. La MV Wakashio si è quindi diretta verso Pointe-d’Esny. L’allarme è stato lanciato solo quando il vettore di minerali ha colpito la barriera corallina. Inizialmente, gli esperti di soccorso greci inviati sul posto hanno ritenuto che il rischio di una fuoriuscita di petrolio fosse basso. Tuttavia, le forti mareggiate di quell’ inverno hanno avuto la meglio sullo scafo.
Un grave bilancio sanitario
Su invito del movimento politico di sinistra Rezistans ek Alternative (ReA), decine di migliaia di volontari provenienti da diverse regioni dell’isola si mobilitarono installando nella laguna boe fatte in casa e utilizzando perfino i propri cappelli.
Dopo due anni, i risultati riportati dalle associazioni locali non sono incoraggianti. «Siamo preoccupati per la presenza di petrolio nelle mangrovie. Non conosciamo l’effetto della fuoriuscita di petrolio sulla catena alimentare. La mancanza di follow-up medico è spaventosa», afferma Sébastien Sauvage, dell’Ong Éco-Sud citato da un’inchiesta di Mondafrique.
L’analisi tossicologica della fuoriuscita di petrolio non è stata ancora pubblicata. In gioco c’è la salute degli abitanti. Eco-Sud ha avviato uno studio sugli effetti della fuoriuscita di petrolio tra settembre e dicembre 2020 sulla popolazione di una decina di villaggi, tra cui Bambou-Virieux, Bois-des-Amourettes e Mahébourg. Una cinquantina, direttamente esposti, presentano problemi cutanei e respiratori.
Delfini spiaggiati
Tra la fine di agosto e l’inizio di settembre 2020, una quarantina di delfini Electra sono stati trovati morti sulla costa sudorientale, tra Bois-des-Amourettes e Grand-Sable. Gli esperti forensi hanno confermato la presenza di tracce di idrocarburi negli organi interni di 11 dei 20 cetacei. Il dottor Abhinesh Kailessur, veterinario del ministero dell’agroindustria, ha sostenuto davanti al tribunale speciale istituito sull’incidente della MV Wakashio che i delfini erano vittime di un sonar che li disorientava.
La relazione del Tribunale speciale dovrebbe illuminare gli ambientalisti sulle ragioni di questo disastro, mentre un gruppo di attivisti ambientali attende ancora che le autorità consegnino loro campioni che potrebbero essere analizzati dai laboratori specializzati in fauna marina della Reunion.
Un’azione legale collettiva
1.767 mauriziani del sudest dovrebbero intentare un’azione collettiva contro il gruppo proprietario della MV Wakashio, Okiyo Maritime Corporation (OMC), una sussidiaria della compagnia giapponese Nagashiki Shipping che aveva affittato il vettore minerale alla Mitsui OSK Lines (MOL). «Quando l’anno scorso Okiyo Maritime Corporation ha presentato una petizione davanti alla Corte Suprema delle Maurizio per limitare la propria responsabilità a 16,5 milioni di dollari, abbiamo deciso di opporci a questa negazione della giustizia alle vittime», spiega Ashok Subron, un esperto avvocato noto per aver combattuto a fianco dei discendenti dell’arcipelago Chagos, di cui Maurizio rivendica la sovranità.
Il ricorso è tanto più efficace in quanto grandi interessi sostengono questa iniziativa: un’azienda di zucchero per bambini, una fattoria marina e soprattutto ricchi proprietari, le cui ville stanno sulle coste di Pointe-d’Esny. Le vittime chiedono 45 milioni di dollari.