Venti milioni di dollari per re-immaginare e rafforzare la democrazia nell’Africa occidentale: è quanto annunciato dalla Ford Foundation ad Abuja, in Nigeria, lunedì 7 ottobre. Insieme ad altre fondazioni quali la John D. and Catherine T. MacArthur Foundation, la Luminate e la Open Society Foundations è stato lanciato il West Africa Democracy Fund (WADF), di durata triennale, con l’obiettivo di sostenere iniziative che rafforzino il coinvolgimento della società civile nei processi democratici.
Un progetto ambizioso, del quale attualmente non si conoscono ancora bene gli sviluppi concreti e che arriva in risposta a crescenti preoccupazioni dopo che la regione, negli ultimi anni, è stata scossa da una nuova ondata di colpi di stato, con la progressiva diffusione un sentimento favorevole all’insediamento dei nuovi regimi militari.
Secondo Darren Walker, presidente della Ford Foundation, c’è un legame tangibile tra il declino della democrazia e la crescita delle diseguaglianze. Un declino che il nuovo WADF punta a contrastare agendo su più fronti, compreso un rafforzamento della magistratura e un investimento sul piano tecnologico.
L’operato della Ford Foundation, tuttavia, non è sempre stato esente da critiche.
Un caso recente è quello dello scorso luglio, quando il presidente del Kenya William Ruto l’ha additata come responsabile delle proteste che erano in corso in quel momento nel paese, accusandola addirittura di avere finanziato le rivolte. La fondazione ha smentito prontamente e molti analisti sono intervenuti interpretando quella di Ruto come una strategia per distogliere le attenzioni dalle proprie responsabilità di governo.
Tanto più che non è stata fornita alcuna prova. La musica è cambiata radicalmente un paio di mesi dopo, quando lo scorso settembre lo stesso Ruto ha elogiato pubblicamente la Ford Foundation per il suo lavoro a sostegno della democrazia kenyana. Una dichiarazione che infatti ha suscitato alcune perplessità.
La vicenda, per quanto controversa, è sintomatica del sentimento ambivalente con cui sono accolte le organizzazioni filantropiche in Africa, spesso accusate di perpetuare una nuova forma di paternalismo, in cui l’Occidente, anziché favorire lo sviluppo di processi democratici autogestiti, tenta di imporre modelli di governance e valori democratici con modalità che non sempre si adattano ai contesti locali.
La crisi dell’istituzione democratica, d’altra parte, è evidentemente in più aree del continente e non solo nell’Africa occidentale. Come evidenziato da un recente studio di Afrobarometer, in media, il 66% degli africani afferma di preferire la democrazia a qualsiasi altro sistema di governo, ma il supporto è in calo rispetto a dieci anni fa, non solo in paesi come Mali e Burkina Faso, ma anche, per esempio, in Sudafrica.
La disillusione verso la democrazia si riflette anche nella crescente accettazione di colpi di stato militari in caso di abusi di potere da parte dei leader eletti, accettati dal 53% degli intervistati.
In questo contesto, il sostegno filantropico per la democrazia assume un significato ambivalente. Da un lato, le risorse messe a disposizione da organizzazioni come la Ford Foundation possono fornire un supporto effettivamente importante per la società civile, rafforzando la capacità di monitorare elezioni e istituzioni. Dall’altro, resta il timore che queste risorse si trasformino in un meccanismo di controllo.
In un momento in cui la fiducia nei governi è in calo, specialmente nei paesi che erano considerati esempi di stabilità come Botswana e Mauritius, il successo di iniziative come quella del West Africa Democracy Fund dipenderà dalla capacità di costruire una relazione di fiducia e di reale collaborazione con le società africane. (AB)