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Esploso il fenomeno delle chiese virtuali
In Africa il predicatore è online
Il live streaming sui social media offre numerosi vantaggi, non ultimo la possibilità di raggiungere una platea globale. Una novità che attira soprattutto i giovani, sempre più disillusi dalle chiese storiche istituzionalizzate
16 Agosto 2024
Articolo di John White
Tempo di lettura 5 minuti

Chiunque trascorra abbastanza tempo sui social media in Africa, prima o poi si imbatte in qualcuno che predica, prega o canta il vangelo dal vivo.

Si tratta spesso di predicatori neo-pentecostali indipendenti ai quali il live streaming sui social media ha offerto la possibilità di creare una propria clientela, fedele al ministero evangelico da loro esercitato.

Ad esempio un giovane pastore kenyano inizialmente aveva tentato, fallendo, di fondare tre chiese “fisiche” dopo anni di vita caratterizzata da sconfitte e povertà. La sua fortuna è iniziata da quando, due anni fa, è passato al live streaming.

Ora esercita il suo “ministero” seduto semplicemente nel suo appartamento, attorniato dai dispositivi elettronici necessari a connettersi e comunicare.

Oggi ha oltre 14mila follower su TikTok, più di 5mila su Facebook e circa 3mila su Instagram, X e altre piattaforme. Il suo seguito in totale ha raggiunto i 25mila follower.

I predicatori virtuali sono coadiuvati in vari casi da altri pastori in grado di sostituirli in caso di loro assenza o in situazioni di emergenza, e di tecnici ed esperti di tecnologia sempre disponibili a risolvere eventuali problemi di connessione o comunicazione.  

Ci sono in Africa ormai dozzine di predicatori esclusivamente virtuali come il giovane kenyano. Molti di essi non hanno alcun genere di formazione formale in teologia.

Molti si chiedono se queste “chiese virtuali” contribuiscono a consolidare il ruolo della religione nella società o a provocarne degrado e dissoluzione. Molti analisti rilevano nei giovani una crescente disillusione nei confronti delle chiese storiche istituzionalizzate.

Qualcuno ha scritto: “Se il numero di giovani che lasciano le chiese storiche continuerà a crescere, come si sta verificando, le chiese di lunga tradizione si ridurranno a istituzioni per persone di mezza età e per anziani”.

Il vangelo della prosperità

Se le religioni in generale, cristiana e non, hanno sempre fornito direttive di vita e conforto, oggi i predicatori del vangelo della prosperità e i pastori “virtuali” offrono anche soluzioni concrete e rapide, che danno ai singoli individui occasione per migliorare le proprie condizioni, seguendo le indicazioni date loro, fisicamente o virtualmente.

Il loro messaggio, in sintesi, è che la prosperità attende coloro che si uniscono ai loro movimenti e li sostengono attraverso donazioni. Molti predicatori raccontano storie di come siano risorti da situazioni terribili grazie all’intervento divino, e naturalmente promettono lo stesso ai loro seguaci.

Se è vero, come menzionato, che il “vangelo della salute e della ricchezza” è caratteristico di molte chiese evangeliche neo-pentecostali, i predicatori virtuali si distinguono da questi perché il messaggio che lanciano arriva senza i vincoli delle riunioni di massa in grandi conferenze religiose.

E sono fieri di dire che in questo modo offrono salvezza a persone che comunque non praticano più. La loro attrazione e il loro fascino, peraltro, si estende anche a individui che vivono all’estero e non hanno modo di praticare la propria fede.

I predicatori virtuali fanno promesse non diverse dai pastori neo-pentecostali nei grandi assembramenti: chi li ascolta vedrà esauditi i propri sogni: salute, lavoro, fidanzato, successo negli affari ecc.

Oppure predicono a Tizio che presto comprerà un’auto, a Caio che viaggerà all’estero per trovare fortuna o praticano “guarigioni” a distanza, facendo toccare al malato la parte dolente mentre pregano.

Questo, oltre a sermoni e citazioni bibliche, è il lavoro di molti predicatori virtuali. E come prima di loro la TV e la radio, i social media sono diventati uno strumento per espandere la loro attività di predicazione.

Ogni sessione virtuale si conclude con l’inevitabile incoraggiamento e richiesta di donazioni e offerte. Fino a guadagnare migliaia di dollari ogni mese.

Kenya in prima fila

Il Kenya, dove la fede è un aspetto della vita tra i più rilevanti, è certamente in prima fila riguardo a questa nuova forma di predicazione. Anche perché il tasso di accesso a Internet è tra i più alti in Africa, con circa il 58% di utenti, in gran parte giovani.

Facebook e WhatsApp sono le piattaforme di social media più popolari nel paese, utilizzate rispettivamente dal 52% e dal 49% delle persone di età pari o superiore a 15 anni.

Secondo uno studio recente, la maggior parte delle persone che trascorrono più di tre ore al giorno sui social media hanno un’età compresa tra i 21 e i 35 anni. Da considerare che circa il 75% della popolazione del Kenya ha meno di 35 anni.

Fenomeno in ascesa

Dopo il Covid-19, secondo molti esperti di sociologia religiosa, molte persone hanno sentito di poter proseguire la loro vita senza aderire a Chiese o denominazioni e senza una pratica regolare.

D’altro canto, le Generazioni Zeta e Alpha (Gen Z e A), cioè i giovani nati nei primi vent’anni del secolo presente, si definiscono per lo più seguaci di qualche forma di “spiritualità” senza appartenere a religioni specifiche, e non comprendono pertanto il senso della pratica religiosa, sentendosi in grado di connettersi spiritualmente con Dio.

Vi è insomma un accordo sostanziale in merito al fatto che le chiese virtuali svolgeranno un ruolo sempre più importante, man mano che quelle fisiche e storiche perderanno adepti.

Al contrario sono molti i leader ecclesiali, in modo particolare nella Chiesa cattolica, per i quali l’abbandono della pratica comunitaria della fede finisce con lo snaturarla.

Per loro non importa quanto sia buona ed efficace la tecnologia, non potrà mai sostituire la comunione tra fedeli che celebrano insieme.

«Penso che ciò che tutti vorremmo è umanizzare la società, non perdere la nostra umanità nel processo di avanzamento della tecnologia. Quindi non è auspicabile che vengano abbandonati gli incontri fisici tra i fedeli. Fanno tuttora molto bene alle persone», ha dichiarato padre Jude Karuhanga, filosofo e cappellano cattolico alla Strathmore University di Nairobi. 

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