Più ne prendiamo meno sembrano fare effetto. L’inefficacia dei farmaci, nella fattispecie la resistenza antimicrobica, sta diventando assai rilevante. E secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) non solo è una delle dieci principali minacce globali alla salute pubblica ma rischia di minare anni di progresso medico.
Nel 2019 quasi 5 milioni di decessi sono stati associati alla capacità di batteri, virus, funghi e parassiti – che cambiano nel tempo – di resistere ai farmaci (compresi gli antibiotici). Ciò rende le infezioni più difficili da trattare e aumenta il rischio di diffusione di malattie gravi e di morte.
L’Africa sopporta il peso maggiore di questo fenomeno che tra l’altro prospera sulla disuguaglianza e sulla povertà. Come è noto, infatti, l’uso scorretto o l’abuso di antibiotici sono considerati le cause della crescita e della diffusione di microorganismi resistenti alla loro azione, con conseguente perdita di efficacia delle terapie.
Già tra il 2000 e il 2015 l’uso di antibiotici era aumentato del 65% a livello globale, principalmente dovuto a un aumento sostanziale nei paesi a basso e medio reddito.
Ora, secondo gli esperti che da anni stanno lavorando sulla questione, l’Antimicrobial Resistance (AMR) miete più vittime della malaria e dell’HIV/AIDS messi insieme.
Risulta, infatti, che in Africa la resistenza ai farmaci è già un problema documentato per HIV, malaria, tubercolosi (TBC), tifo, colera, meningite, gonorrea e dissenteria.
Si tratta di uno degli argomenti che sarà trattato nel corso della terza conferenza internazionale sulla salute pubblica in programma a Lusaka (Zambia) dal 27 al 30 novembre.
La prima valutazione accurata dell’onere globale della resistenza antimicrobica risale al 2019. La stima era: per quell’anno oltre 27 decessi su 100.000 in Africa erano direttamente attribuibili all’AMR. Oltre 114 decessi su 100.000 vi erano associati.
Differenti i dati riguardanti i paesi ad alto reddito, dove la resistenza antimicrobica ha direttamente portato a 13 decessi ogni 100.000 ed è stata associata a 56 decessi ogni 100.000 persone.
Lo studio ha dimostrato che i bambini piccoli erano (e sono) particolarmente a rischio. La metà dei decessi nell’Africa subsahariana nel 2019 hanno infatti riguardato bambini di età inferiore ai 5 anni.
Carenze sanitarie
Parlando con The Conversation, e anticipando l’argomento della conferenza di Lusaka, uno dei massimi esperti di pianificazione e implementazione di programmi di controllo delle malattie a livello comunitario, Thomas Nyirenda, ha proprio posto l’accento sulla situazione igienica generale di molte aree africane.
«L’accesso all’acqua corrente pulita, a servizi igienico-sanitari adeguati e alla gestione sicura dell’acqua rappresenta una grande sfida in molti ospedali e cliniche nei paesi africani», ha detto.
A questi problemi va aggiunta una costante carenza di operatori sanitari, il sovraffollamento dei reparti e l’instabilità delle forniture elettriche, cosa che favorisce tra l’altro la diffusione delle infezioni. In Africa è inoltre assai diffuso l’uso inappropriato di medicinali (e antibiotici), scaduti o falsificati, o di qualità inferiore.
Cure fai da te
A causa della debole regolamentazione, la prescrizione di antibiotici da banco è molto comune nell’Africa sub-sahariana. I tassi più alti di antibiotici da banco sono stati riscontrati in Eritrea (fino all’89,2%), Etiopia (fino all’87,9%), Nigeria (fino all’86,5%) e Tanzania (fino al 92,3%).
In Zambia si è arrivati al 100% delle farmacie che dispensano antibiotici senza prescrizione medica.
Ma quali sono le soluzioni? Secondo l’esperto, passi incoraggianti sono stati compiuti con l’istituzione, per esempio, di quell’organismo – all’interno dell’Unione Africana – impegnato nel controllo della resistenza antimicrobica, nel rafforzamento della ricerca; sostegno di determinate politiche e azioni di consapevolezza nelle comunità.
Esiste poi, il Global Antibiotic Research and Development Partnership (GARDP) che lavora allo sviluppo di nuovi antibiotici, in concerto con altre istituzioni internazionali.
Iniziative che possono avere una certa efficacia, ma prima di ogni altra cosa bisognerebbe offrire a chi ne ha bisogno la possibilità di accedere alle cure e non di improvvisarle, perché per loro non c’è altro modo.