L’Africa sembra voler far a meno della rete ferroviaria. È un errore strategico, e al continente costa caro. Tanti infatti, sarebbero i benefici da maggiori investimenti sul sistema tranviario: ne gioverebbero in modo sensibile la sostenibilità ambientale, l’integrazione regionale e lo sviluppo industriale. Le valutazioni emergono dall’ultimo rapporto dell’Africa Finance Corporation (AFC), dal titolo “Lo stato delle infrastrutture dell’Africa 2024”
L’AFC è un’istituzione finanziaria multilaterale panafricana con sede a Lagos, in Nigeria. Fondata nel 2007 su iniziativa degli stati del continente e nell’ambito di un partenariato col settore privato, ha per obiettivi principali quelli di sviluppare e finanziare soluzioni per far crescere la rete infrastrutturale dell’Africa, regione da oltre 1,3 miliardi di abitanti.
Nel suo ultimo, corposo, documento, l’istituto rileva che la rete ferroviaria dell’Africa soffre di una carenza di investimenti. Da qui le difficoltà a renderla efficiente. Mentre ingenti capitali sono stati infatti investiti nel miglioramento di infrastrutture come la rete portuale e, in misura minore, quella stradale, le reti ferroviarie africane non hanno potuto beneficiare di interventi altrettanto consistenti.
Il nodo degli investimenti
Secondo le valutazioni dell’AFC, l’Africa dovrebbe spendere fra i 65 e i 105 miliardi dollari ogni anno fino al 2050 per colmare il divario infrastrutturale che la separa da una rete ferroviaria efficiente come quella di Cina o India. Per avere un termine di paragone, negli ultimi 20 anni la media è stata fra i cinque e i sei miliardi, stando a dati della Banca mondiale. Oltre all’assenza di investimenti poi, ci sono altri fattori. La situazione è resa più complessa dalla mancanza di manutenzione, le disparità tecnologiche e anche lo stesso basso utilizzo delle ferrovie e i pochi ricavi che ne conseguono.
Resta un dato però: la nota più dolente viene dalla mancanza di risorse messe a disposizione per il settore. Una dinamica questa, che emerge in modo chiaro se si guarda ai piani per espandere la rete ferroviaria nell’ambito del Programma dell’Unione africana (UA) per lo sviluppo delle infrastrutture in Africa (PIDA). Questa iniziativa ha fatto registrare progressi limitati. Come si evidenzia nel report, dei 30.200 nuovi chilometri di ferrovie da costruire in tutto il continente e previsti entro il 2040, ne sono stati costruiti solo 4mila.
Allo stesso modo, numerosi progetti statali non hanno mai visto la luce o stanno rallentando per mancanza di investimenti, ad esempio nelle ferrovie a scartamento normale in Kenya, Uganda e Tanzania.
Sviluppo che sfuma
Un’occasione persa. Molti sarebbero, infatti, i benefici provenienti da investimenti seri: si va dalla riduzione dei costi e dell’impatto ecologico alla migliore connettività, passando per una più ampia integrazione regionale e un maggiore sostegno allo sviluppo industriale. «A esempio – si legge nel rapporto -, la nuova linea ferroviaria Gibuti-Addis Abeba ha ridotto da tre giorni a sole 10-12 ore i tempi di viaggio tra il porto di Gibuti e la capitale etiopica. Allo stesso modo, la nuova linea ferroviaria Mombasa-Nairobi ha fatto diminuire significativamente i tempi di viaggio tra le due città keniane, facilitando una migliore logistica con il resto della regione, in particolare con l’Uganda».
Le ferrovie in Africa contano oggi su circa 87mila chilometri di binari, a fronte di un territorio esteso circa 29 milioni di chilometri quadrati. La sola India, un territorio pari all’11% di quello africano, dispone di un sistema ferroviario che ha un estensione equivalente al 75% di quello africano. La gran parte delle linee si trova nell’Africa settentrionale e meridionale, mentre ben 13 paesi sono privi di una vera e propria rete ferroviaria, di cui la metà senza sbocco al mare. Una delle chiavi di volta per poter cambiare questo scenario, si suggerisce nel report, è una maggiore collaborazione fra partenariato pubblico e privato. Una soluzione che permetterebbe di ovviare molti dei vincoli che caratterizzano il finanziamento solo pubblico.