Non ci sono abbastanza fondi: così l’agenzia delle Nazioni Unite ha giustificato il taglio drastico che da dicembre interesserà diversi paesi africani. Per il Programma alimentare mondiale (PAM) è una decisione drammatica, ma alla quale, per ora, non c’è alternativa.
La causa è dettata da un’impennata vertiginosa di richieste di aiuto a partire dal 2022 (quasi un terzo in più rispetto al 2021), in concomitanza con un netto calo dei finanziamenti, in proporzione all’aumento della richiesta. Ovvero, le persone donano di più, ma in percentuale i fondi sono comunque molti meno di prima, perché le necessità sono esplose.
Nel 2023, le Nazioni Unite hanno richiesto la cifra record di 54 miliardi di dollari, ma già l’anno precedente avevano registrato un deficit di 22 miliardi e si prevede che quest’anno non andrà molto diversamente.
Questo perché nel mondo, attualmente, le persone che necessitano di assistenza umanitaria sono circa mezzo miliardo. Ma il PAM fatica a raggiungerne più di 160 milioni. E ora dovrà iniziare gradualmente a diminuire il carico di aiuti.
Così, a fine anno, il PAM si ritirerà da Nigeria, Repubblica Centrafricana e Camerun, dove vivono circa 33 milioni di persone in stato di profonda insicurezza alimentare.
Molto preoccupante la situazione del Ciad, che si ritroverà senza più sostegno da gennaio. Il Ciad ospita attualmente mezzo milione di rifugiati sudanesi, provenienti soprattutto dal Darfur, scappati dal paese a causa del conflitto in corso. Si stima che il 90% non sia autosufficiente sul piano alimentare.
E purtroppo non sono gli unici. Anche centinaia di migliaia di cittadini ciadiani soffrono la fame a causa dei cambiamenti climatici, delle tensioni tra le comunità e dell’aumento dei prezzi di cibo e carburante.
Per portare avanti il suo sostegno per altri sei mesi, il PAM avrebbe bisogno di almeno altri 185 milioni di dollari, di cui però non dispone.