Miliardi di dollari distribuiti in tutto il mondo per bloccare i programmi didattici sull’educazione sessuale e sull’uguaglianza di genere nelle scuole e nelle università e ridurre al silenzio chi si batte per i diritti LGBTQI+. A investirli sono partiti politici nazionalisti di destra. A usarli enti religiosi conservatori, sia cristiani che islamici.
A far emergere il network è il dossier Whose Hands on our Education, diffuso dal think tank indipendente ODI. Secondo il rapporto tra il 2013 e il 2017 gli enti religiosi beneficiari dei finanziamenti hanno ricevuto almeno 3,7 miliardi di dollari sotto forma di donazioni.
Tra i donatori più attivi ci sono oligarchi russi, gruppi di interesse e personaggi collegati a movimenti di estrema destra americani, partiti conservatori europei vicini ad ambienti ecclesiastici reazionari.
Nella lista non mancano finanziatori dei paesi del Golfo, anch’essi disposti a investire cifre importanti per respingere verso l’Occidente valori e pratiche considerati inaccettabili – dall’educazione sessuale nelle scuole alla tutela dei diritti LGBTQ+ – e preservare i principi alla base delle visioni più radicali dell’islam.
I soldi arrivati in Africa
In Africa tra il 2007 e il 2020 enti religiosi cristiani con sede negli Stati Uniti hanno speso più di 54 milioni di dollari per foraggiare attività di lobbying contro i programmi di educazione sessuale nelle scuole e le campagne in difesa della comunità LGBTQI+.
Tra i paesi in cui è arrivata una buona parte di questi soldi c’è stato il Ghana, dove tra 2016 e 2020 a diverse organizzazioni religiose sono stati destinati più di 5 milioni di dollari da Regno Unito, Stati Uniti, Germania e anche Italia.
Organizzazioni come Family Watch International (FWI) hanno puntato più in alto facendo pressione sulla classe politica di Ghana e Kenya per ottenere l’approvazione di leggi anti-LGBTQI+.
FWI ha finanziato viaggi e “corsi di formazione” negli Stati Uniti a diplomatici e politici dei due paesi per sensibilizzarli sulla loro causa. Tour che hanno permesso all’organizzazione anche di reclutare figure carismatiche dei due paesi e lanciarle su palcoscenici internazionali, come i summit della World Youth Alliance.
Dal dossier emerge inoltre che FWI ha sottoscritto un memorandum d’intesa con l’International Islamic Fiqh Academy (IOF), emanazione diretta dell’Organizzazione della cooperazione islamica (OIC), con cui ha fatto squadra nell’affrontare i “problemi della vita contemporanea”, tra cui per l’appunto i diritti rivendicati dalla comunità LGBTQI+, la CSE (Comprehensive sex education, ovvero l’educazione sessuale completa) e “la crescente tendenza ad adottare relazioni al di fuori del matrimonio”.
Per attecchire in questi e altri paesi africani, organizzazioni come FWI nel fare propaganda fanno leva sul diffuso sentimento anticoloniale, descrivendo l’uguaglianza di genere come una nuova battaglia culturale attraverso cui l’Occidente vuole imporre i propri valori nel continente.
Tensioni nelle scuole e nelle università
In scuole superiori e università di Camerun, Kenya, Nigeria, Malawi, Sudafrica e Uganda studenti, ma anche docenti e professori, sono stati espulsi e in alcuni casi anche arrestati con l’accusa di essere omosessuali o di promuovere la causa LGBTQI+.
In questi contesti una delle strategie più usate per ridurre al silenzio chi prova a esprimere liberamente il proprio orientamento sessuale, è ridurre o sospendere i finanziamenti destinati ai programmi didattici in cui questi argomenti possono essere anche solo minimamente trattati.
In Sudafrica hanno scatenato violente proteste le linee guida sull’inclusione degli studenti LGBTQI+ nelle scuole adottate dal Western Cape Education Department e dal National Department of Education.
Linee guida che prevedevano, tra le altre cose, il passaggio dai servizi igienici tradizionali con gli ambienti separati per maschi e femmine a quelli neutri.
La decisione è stata osteggiata soprattutto dall’African Christian Democratic Party che ha organizzato manifestazioni all’esterno degli istituti interessati. Mentre una petizione online, intitolata “No ai bagni unisex per le scuole in Sudafrica”, ha raccolto in poco tempo quasi 90mila firme.
La propaganda jihadista
Queste attività di lobbying in Africa si inseriscono in un contesto che vede le comunità LGBTQI+, gli attivisti per i diritti civili e le femministe già sotto la costante minaccia dei gruppi jihadisti.
L’avversione per l’emancipazione delle donne e per il loro accesso all’istruzione e al lavoro è tra i cavalli di battaglia della propaganda di Boko Haram in Nigeria, con rapimenti, uccisioni e violenze di massa.
Il gruppo di matrice cristiana Lord’s Resistance Army (LRA), guidato da Joseph Kony e attivo principalmente in Uganda e Rd Congo, da tempo ha preso di mira le studentesse per sfruttarne a scopo militare le capacità di leggere, scrivere e fare di calcolo.
Al-Shabaab in Somalia dichiara di attenersi ai dettami del Corano per giustificare le violenze perpetrate su ragazze perlopiù giovanissime, tante delle quali finiscono per diventare spose dei miliziani.
Tutta questa violenza ha purtroppo sortito non solo effetti diretti su queste ragazze e donne ma anche collaterali. Pur di salvare la vita alle proprie figlie, tante famiglie decidono di non farle andare più a scuola. Garantendole forse un presente, ma negandole certamente la speranza in un futuro migliore.