Sono 17 i paesi nel mondo che ancora criminalizzano il suicidio, con pene che possono arrivare fino a tre anni di carcere, qualora l’atto fallisca.
Un numero alto, ma comunque positivo, se si considera che solo nell’ultimo anno, quattro paesi hanno scelto di iniziare un percorso di depenalizzazione. Tra questi, il Ghana, dove a marzo il parlamento ha votato a favore per cambiare le leggi in merito e dove da allora si sta lavorando per portare avanti questa modifica.
È una vittoria storica, secondo Joseph Osafo, professore di psicologia presso l’Università del Ghana, impegnato da 20 anni in questa battaglia. Insieme al Ghana, anche Kenya, Nigeria e Uganda si stanno preparando a intraprendere questa strada. In tutti e quattro i paesi, le leggi che criminalizzano il suicido sono state introdotte ai tempi del colonialismo inglese e da allora gravano sulla tutela della salute mentale dei cittadini. Un tema su cui molti stati africani stanno facendo significativi passi avanti rispetto al passato, cercando di garantire maggiori tutele.
L’Organizzazione mondiale della sanità stima infatti che ogni anno circa 700mila persone perdano la vita a causa del suicidio e molte, molte altre ci provano. Il 77% di queste si trova in paesi a medio e basso reddito ed è la quarta principale causa di morte tra le persone tra i 15 e i 29 anni nel mondo. Secondo l’Oms, inoltre, l’esperienza di conflitti, disastri, migrazioni, violenze, abusi o perdite, discriminazioni e senso di isolamento sono fortemente associati al comportamento suicida. Un’emergenza sanitaria globale che sarebbe molto più facilmente prevenibile, senza lo stigma che colpisce ancora chi soffre di disturbi legati alla salute mentale.
Il suicidio rimane penalmente perseguibile in altri 5 paesi africani, ovvero il Malawi, Somalia, Sud Sudan, Sudan e Tanzania.
(AB)