«Non c’è vita senza acqua. L’acqua è un bene prezioso, indispensabile per tutte le attività umane»: con questa frase si apre la Carta europea dell’acqua, approvata nel 1968.
L’acqua è dunque l’elemento principale, insieme all’ossigeno, indispensabile per la vita. Essa copre la maggior parte della superficie terrestre e rappresenta il 75% del nostro peso corporeo.
La carenza di acqua rappresenta però oggi una tra le maggiori emergenze globali del nostro tempo. E molti esperti dicono che i conflitti futuri potrebbero scoppiare proprio per il controllo delle fonti idriche.
Se da un lato la crisi idrica è presente a livelli diversi di gravità in tutti i continenti, il più colpito è, ancora una volta, l’Africa e in essa soprattutto le nazioni del sub-Sahara.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), un africano su tre soffre per insufficienza d’acqua. Cambio climatico, urbanizzazione e crescita demografica sono tra le maggiori cause del fenomeno.
Secondo i dati degli esperti, con il prossimo anno saranno ben 460 milioni gli africani che vivranno in aree di crisi idrica. E le Nazioni Unite stima che siano già oggi 2,2 miliardi le persone nel mondo che vivono senza acqua potabile gestita in modo sicuro.
La penuria di acqua dolce si verifica quando la sua necessità supera la sua disponibilità e quando le fonti di approvvigionamento si restringono o addirittura si prosciugano completamente.
Vi sono ragioni sia fisico-geografiche che economiche che spiegano in molti casi l’emergenza idrica: da un lato la scarsità che viene a crearsi per lo sfruttamento esagerato di acqua impiegata per i motivi più diversi (irrigazioni a largo raggio, uso industriale, estrazioni minerarie, lavaggio e raffinazione di materie prime). E questo può condurre al totale esaurimento delle fonti idriche.
D’altro lato la crisi idrica si aggrava per incapacità o trascuratezza nella gestione del cosiddetto “oro bianco”, a causa di infrastrutture obsolete e per investimenti estremamente limitati dei governi nella politica idrica.
In questo caso, specie per i paesi subsahariani, l’acqua può scarseggiare non perché manchino le risorse idriche ma, appunto, per l’inadeguatezza della governance e delle infrastrutture necessarie.
Secondo i dati del Global Water Security 2023 Assessment, sono 13 i paesi subsahariani dove si riscontra la maggiore crisi idrica: Etiopia, Eritrea, Comore, Ciad, Madagascar, Libia, Gibuti, Liberia, Niger, Sudan, Sud Sudan, Somalia e Sierra Leone.
Mentre altri 13 su 54 hanno raggiunto negli ultimi anni un livello decente di sicurezza idrica. Tra questi primeggiano Egitto, Botswana, Gabon, Mauritius e Tunisia.
Riguardo al Sudafrica, in un rapporto risalente al 2018, pubblicato dall’Institute for Security Studies si leggeva che oltre il 60% dei fiumi del paese sono sovra-sfruttati e solo un terzo di quelli principali è in buone condizioni.
Uno degli effetti recenti è stato che a Johannesburg, la città più grande del paese, i rubinetti sono rimasti a secco per diverse settimane, lasciando milioni di persone senza acqua.
Più a nord il Lago Ciad – un tempo considerato il più grande bacino d’acqua dolce dell’Africa – si sta restringendo a causa dell’eccessivo sfruttamento delle sue acque.
Secondo un rapporto del 2019, solo per questo motivo, il corpo idrico del lago è diminuito del 90% dagli anni ’60, con la superficie del lago scesa da 26mila chilometri quadrati nel 1963 a meno di 1.500 chilometri quadrati nel 2018.
Urbanizzazione e crisi climatica
Quanto al fenomeno dell’urbanizzazione, nel 2018 è stato appurato dalle Nazioni Unite che 21 delle 30 città in più rapida crescita nel mondo si trovano in Africa. Città come Bamako in Mali e Yaoundé in Camerun, ad esempio, hanno registrato una crescita esplosiva.
Il boom demografico, il processo di urbanizzazione e l’aumento delle attività industriali provocano inevitabilmente una sempre maggiore necessità di risorse idriche.
In merito alla crisi climatica, poi, secondo l’ONU la grave tendenza alla riduzione delle precipitazioni provocata per l’appunto dal riscaldamento globale proseguirà ovunque ma soprattutto nel Nordafrica – dove alcuni paesi hanno già fatto ricorso a impianti di desalinizzazione delle acque marine – e nel Sahel, riducendo le riserve sotterranee e aggravando la perdita di acqua sulla superfice.
Agricoltura
Tra i settori che subiscono l’impatto più negativo per la scarsità d’acqua in Africa vi è certamente l’agricoltura. Si tratta tuttora di uno dei settori economici più cruciali per il continente, poiché coinvolge la maggior parte della popolazione.
Nella sola Africa subsahariana, rappresenta circa il 14% del Prodotto interno lordo (Pil) totale. Essendo il settore che dipende maggiormente dall’acqua, l’agricoltura è già pesantemente colpita dalla scarsità idrica e si prevede che la situazione peggiorerà ulteriormente, provocando altri problemi come la carenza di cibo e, nei casi peggiori, alla carestia e alla fame, come peraltro già si registra in molte aree del continente.
Vari governi e comunità locali stanno già intraprendendo azioni di adattamento alla situazione, sostituendo colture che richiedono grandi quantità di acqua con altre resistenti alla siccità. Un modo per mitigare sia la scarsità d’acqua che l’insicurezza alimentare.
Zimbabwe, Zambia e Etiopia, ad esempio, hanno tutti adottato tecniche di adattamento e di mitigazione dei possibili effetti della crisi idrica. Con scarsi risultati però, in particolare nei due paesi dell’Africa meridionale.
Ma a pesare, come denuncia uno studio dell’organizzazione umanitaria Oxfam, sono anche le politiche attuate dalle grandi corporation dell’agro-alimentare che sfruttano l’acqua dei paesi più poveri per aumentare i profitti.
Salute
A tutto ciò si aggiungono purtroppo le conseguenze negative che la mancanza d’acqua provoca sulla salute delle persone: la qualità dei servizi sanitari in molti paesi del continente è notoriamente molto bassa, con solo il 48% degli africani che ha possibilità di accesso all’assistenza sanitaria.
Uno studio del 2021 ha rilevato che le gravi malattie diarroiche, prodotte dall’ingestione di acqua non potabile e dalla carenza di servizi igienico-sanitari, sono responsabili per circa 600mila decessi ogni anno nell’Africa subsahariana, nella maggior parte bambini e anziani.
Se da un lato è responsabilità dei governi cercare soluzioni viabili alla grave crisi idrica del continente, anche i singoli individui – specie se opportunamente educati in tal senso – possono svolgere un ruolo importante nell’alleviare la scarsità d’acqua.
Possono adottare uno stile di vita più rispettoso dell’ambiente e intraprendere azioni quotidiane per mitigare l’effetto della crisi climatica, sviluppando pratiche consapevoli che permettano di conservare questa indispensabile fonte di vita.