L’Africa che nutre l’Africa: mettere fine alla dipendenza agricola e alimentare del continente. Questo è l’obiettivo dichiarato del summit “Dakar 2” per la sovranità alimentare e la resilienza in Africa, che si è svolto nella capitale senegalese dal 25 al 27 gennaio.
34 capi di stato e di governo africani si sono dati appuntamento per definire strategie e azioni per rendere concreto il potenziale agricolo del continente.
Il summit, alla sua seconda edizione (la prima si era svolta nel 2015), è stato organizzato dal paese ospitante insieme alla Banca africana per lo sviluppo (Bad).
La crisi alimentare
I leader riuniti a Dakar hanno evidenziato il difficile contesto internazionale: l’aumento dei prezzi degli alimenti, le crescenti difficoltà di approvvigionamento delle materie prime a causa del conflitto in Ucraina, e gli anni di pandemia. A questo si aggiungono gli effetti del cambiamento climatico: siccità, carestie, inondazioni.
Il continente, hanno sottolineato i leader, deve affrontare mancanze strutturali: 249 milioni di persone soffrono la fame, circa il 40% dei raccolti va perduto a causa dei problemi di stoccaggio e conservazione, la dipendenza dalle importazioni di cibo.
Autosufficienza africana
Il summit parte dal presupposto che l’Africa ha le potenzialità per garantire l’autosufficienza alimentare delle popolazioni che lo abitano e per contribuire a nutrire il mondo. Nel discorso inaugurale il presidente senegalese Macky Sall, attualmente a capo dell’Unione africana, ha sottolineato che il 65% delle terre arabili non coltivate si trova in Africa, dei 400 milioni di ettari di savana solo il 10% è coltivato, ha ricordato la ricchezza di fiumi, di risorse naturali e di giovani.
Secondo la Bad la produzione agricola africana potrebbe aumentare di valore, dagli attuali 280 miliardi di dollari l’anno a un trilione entro il 2030, rimuovendo gli ostacoli e mobilitando investimenti lungo tutta la catena del valore.
Per i capi di stato e di governo la sovranità alimentare si raggiunge solo attraverso la diffusione dell’agricoltura smart, l’aumento della produttività, nuove infrastrutture e gli investimenti del settore privato.
Trenta miliardi di dollari, nei prossimi 5 anni, dedicati alla trasformazione del settore agricolo attraverso la definizione di patti nazionali per l’alimentazione e l’agricoltura. Questo il budget mobilitato durante i tre giorni di vertice. I soldi arriveranno in parte dalla Banca africana per lo sviluppo, 10 miliardi, e da altri donatori come la Banca islamica di sviluppo.
10% del budget nazionale
Durante il summit sono stati definiti anche i primi patti nazionali che raccolgono le azioni concrete dei governi in favore del settore agricolo. Alcuni paesi come Senegal, Mozambico e Madagascar hanno annunciato di voler dedicare all’agricoltura più del 10% del budget nazionale. Il Kenya ha parlato di investimenti in ambito irriguo, lo stesso ha fatto lo Zimbabwe, attraverso la realizzazione di dighe. I capi di stato e di governo si sono impegnati a mobilitare nuovi finanziamenti, anche attraverso il coinvolgimento di partner privati e a dedicare una parte del budget al sostegno dei patti per l’alimentazione e l’agricoltura, allocando almeno il 10% della spesa pubblica al settore.
A supervisionare la messa in opera degli impegni presi saranno consigli consultivi di alto livello, guidati dagli stessi presidenti dei paesi. Per rendere concrete e misurabili le decisioni prese nei patti, inoltre, verranno definiti indicatori, regolamenti e politiche.
Presenti i privati, assenti i produttori
Sul palco della tre giorni sono stati invitati anche numerosi rappresentanti del settore privato: dai produttori di fertilizzanti, ai responsabili dei poli di agribusiness fino ai fornitori di servizi tecnologici. Tra i partner strategici presenti al summit anche l’Alleanza per una rivoluzione verde in Africa (Agra), l’organizzazione sostenuta dalla Bill Gates Foundation e dalla fondazione Rockefeller.
Assenti, invece, i diretti interessati: le organizzazioni di produttori. La Pafo (Panafrican farmers’ organisation) sottolinea, in una dichiarazione rilasciata in occasione del summit, come gli impegni presi fino ad ora in sede internazionale non abbiano portato ad alcun risultato per la mancanza di volontà e di risorse. Chiedono di essere ascoltati e rivendicano: un maggior accesso al credito, azioni di adattamento al cambiamento climatico, fondi che coprano disastri e perdite del raccolto, migliori infrastrutture nelle aree rurali, facilitazione nell’accesso al mercato e investimenti nella ricerca.
La dichiarazione critica delle ong
Il vertice di Dakar non per tutti è di buon auspicio per il futuro dell’agricoltura africana. Più di 80 organizzazioni africane e internazionali hanno firmato una dichiarazione preoccupata riguardo l’intenzione di trasformare il continente nel paniere del mondo grazie all’aumento della produttività, alle infrastrutture e all’agricoltura smart.
Secondo le organizzazioni firmatarie i problemi dell’agricoltura africana non si risolvono coltivando più terra, anche perché negli ultimi 10 anni enormi appezzamenti sono stati concessi a imprese private e trasformati in piantagioni. Terre accaparrate a discapito di ecosistemi e dei contadini che le coltivavano.
L’agricoltura smart, scrivono, non è sinonimo di attenzione al clima, non elimina l’uso di pesticidi tossici e spesso prevede la trasformazione delle terre in piantagioni di soia. Puntano il dito contro le organizzazioni del settore privato che promuovono l’agricoltura intelligente per vendere i loro prodotti: fertilizzanti, sementi ibride e tecnologie. Nella dichiarazione le organizzazioni fanno appello ai leader presenti al summit per: eliminare il land grabbing, rigettare l’agricoltura smart che promuove l’agribusiness, sostenere le organizzazioni contadine africane che praticano già la sovranità alimentare e l’agroecologia.