I conti tornano, almeno per il presidente-generale Abdel Fattah al-Sisi che dal 2013 ha in mano il potere in Egitto e lo esercita spesso con esibizioni di forza e con largo impiego di apparati repressivi.
Il generale – che anche l’opinione pubblica italiana conosce bene per le vicende di Giulio Regeni, trovato morto al Cairo il 3 febbraio 2016, e Patrick Zaki, in carcere dal 7 febbraio 2020: entrambi accusati di attentare alla sicurezza dello stato, come un altro studente, Ahmed Samir, condannato a 4 anni di carcere – non ha difficoltà ad acquistare sistemi d’arma dall’Italia per 1,2 miliardi di euro ma nello stesso tempo annuncia di voler aumentare di nuovo il costo del pane sovvenzionato, sul quale contano 70 milioni di egiziani su una popolazione di oltre 100 milioni.
In una conferenza televisiva ha detto che ha intenzione di aumentare il prezzo della pagnotta sovvenzionata che pesa 90 grammi, che oggi costa cinque piastre (2 centesimi di euro). Non ha specificato quanto scatterà il nuovo aumento, ma già le reti sociali registrano una reazione degli egiziani che hanno già coniato una parola d’ordine: “tutto salvo la pagnotta”.
Il pane sovvenzionato costa al bilancio dell’Egitto, che è il maggior importatore di grano al mondo, 2,6 miliardi di dollari l’anno. Una spesa che consente ai più poveri di tirare avanti ottenendo fino a 5 pagnotte al giorno. Da ricordare che un terzo degli egiziani vive sotto la soglia della povertà, cioè con meno di 1,70 euro al giorno.
Ma il generale se ne infischia del popolo minuto. Deve accontentare gli alti gradi dell’esercito, garantire che l’Egitto continui a essere il bastione degli interessi di Europa e Usa nell’area e obbedire ai richiami del Fondo monetario internazionale.
Il Fmi ha da poco sbloccato l’ultima tranche di 1,7 miliardi di dollari (parte di un piano di sostegno economico di 5,4 miliardi di dollari in seguito all’epidemia di Covid-19) e in cambio chiede rigore nella gestione dei conti. E così a farne le spese è il pane sovvenzionato. (R.Z.)