Dal 1° ottobre la Caritas algerina sospende completamente e definitivamente tutte le attività “secondo la richiesta dei pubblici poteri”, come recita uno scarno “avviso” dell’Arcivescovado di Algeri, firmato da mons. Paul Defarges, arcivescovo emerito di Algeri, e da mons. Jean-Paul Vesco, l’attuale arcivescovo di Algeri.
Il comunicato non riporta alcuna motivazione, che del resto il governo algerino non ha fornito, ma riafferma che “naturalmente, la Chiesa cattolica rimane fedele alla sua missione caritativa al servizio della fratellanza”. E per rafforzare questa affermazione cita un estratto del comunicato congiunto tra papa Francesco e il Grande Imam d’Al-Azhar di Abu Dhabi sulla Fratellanza umana sottoscritto nel febbraio 2019.
In particolare i vescovi algerini citano l’incipit del documento: “La fede porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare (…) il credente è chiamato a esprimere questa fratellanza umana, salvaguardando il creato e tutto l’universo e sostenendo ogni persona, specialmente le più bisognose e povere”.
In sessant’anni di attività, la Caritas algerina si è portata al servizio della popolazione nei momenti più difficili – terremoti, alluvioni, catastrofi naturali -, oltre a fornire assistenza alla popolazione in difficoltà, soprattutto da quando, dopo la fine del “decennio nero” degli anni ’90, la società e l’economia algerina sono state caratterizzate da crescenti disuguaglianze.
Inoltre negli ultimi decenni ha soccorso i migranti e i richiedenti asilo che dall’Africa subsahariana giungono in Algeria. Tra i rifugiati la Caritas è stata presente fin dalla metà degli anni ’70 con i propri aiuti nei campi profughi sahrawi nel Sahara algerino nei pressi di Tindouf, dove si era recato anche il futuro vescovo di Orano, Pierre Claverie, beatificato nel 2018 insieme ad altri 18 martiri in Algeria.
La decisione immotivata del governo avviene alcuni mesi dopo che la Caritas algerina ha festeggiato i suoi 60 anni di esistenza. La Caritas fu infatti fondata il 28 giugno 1962, pochi giorni prima della proclamazione dell’indipendenza dell’Algeria, il 5 luglio. E in occasione della ricorrenza dei 60 anni dell’indipendenza del paese, la Chiesa algerina ha ricordato il contributo che i cristiani in Algeria avevano dato per l’indipendenza sfidando le autorità militari, coloniali e religiose dell’epoca.
I vescovi hanno preso la decisione di non commentare la misura delle autorità algerine, ma guardano con preoccupazione questo ulteriore passo per circoscrivere le attività della Chiesa cattolica in Algeria.
Fin dall’indipendenza la nuova Chiesa in Algeria aveva rinunciato ad ogni forma di proselitismo per porsi al servizio di tutto il popolo algerino, nella sua quasi totalità musulmano, e non solo dei credenti. La Caritas ha rappresentato gran parte di questo “servizio”.
La decisione presa sembra evidenziare le difficoltà del potere algerino nel gestire il “consenso” tra la popolazione. Probabilmente il servizio della Caritas è stato giudicato “concorrente” con le misure sociali che le autorità pubbliche cercano di mettere in opera.