Algeria: morte di Othmane Belouizdad, un rivoluzionario atipico - Nigrizia
Algeria Conflitti e Terrorismo
Scomparso all'età di 92 anni l'ultimo eroe della lotta indipendentista del "Gruppo dei 22"
Algeria: morte di Othmane Belouizdad, un rivoluzionario atipico
Fu nel gruppo dei primi nazionalisti algerini che nel 1954 decisero di lanciare la lotta armata contro i colonialisti francesi. Testimone di una classe di militanti che faranno una scelta per certi versi “rivoluzionaria”, quella di non assumere, dopo l’indipendenza, cariche politiche
13 Gennaio 2022
Articolo di Luciano Ardesi
Tempo di lettura 3 minuti
Othmane Belouizdad
Othmane Belouizdad

La lotta di liberazione algerina ha perso ieri Othmane Belouizdad, l’ultimo dei primi nazionalisti rivoluzionari che decisero di intraprendere la lotta armata per raggiungere l’indipendenza. Othmane Belouizdad era nato nel 1929 e ha fatto parte di quel “Gruppo dei 22” con cui sono passati alla storia i nazionalisti che si riunirono ad Algeri nel luglio del 1954 per pianificare l’inizio della lotta armata.

Il nazionalismo algerino si trovava allora alle prese con una profonda divisione sia sulla strategia da intraprendere sia sulla leadership del movimento. Il principale partito nazionalista, il Movimento per il trionfo delle libertà democratiche (Mtld) di Messali Hadj era a sua volta diviso al proprio interno, e fin dal 1947 si era costituita la sua branca militare, l’Organizzazione speciale (Os) con l’intento di usare la forza per la lotta politica.

Alla sua testa c’era Mohamed Belouizdad di origine kabila, il fratello maggiore di Othmane, prematuramente scomparso nel 1952 a causa della tubercolosi, e a cui l’Algeria indipendente dedicherà una via nel centro di Algeri.

Il “Gruppo dei 22” era espressione del Comitato d’unità e d’azione (Crua) con cui nel marzo del 1954 i militanti dell’Organizzazione speciale avevano deciso di rompere gli indugi di fronte alle incertezze e alle divisioni.

Da quel Gruppo e da quella riunione doveva scaturire un gruppo più ristretto, prima di cinque poi di sei militanti, che divennero i “capi storici” della rivoluzione algerina, coloro che a metà ottobre 1954 fissarono al 1° novembre l’inizio della lotta armata, con una serie di attentanti in diverse parti dell’Algeria che colsero di sorpresa le truppe di occupazione francesi.

La famiglia Belouizdad, convinta nazionalista, partecipa alla lotta per l’indipendenza (1954-1962). Shanoun, l’altro fratello di Othmane, viene arrestato ed è torturato a morte nella prigione di El Harrach (Algeri), mentre anche il loro padre Ahmed subisce la tortura da parte dei francesi.

Othmane viene arrestato qualche settimana dopo l’inizio della guerra di liberazione e resterà in carcere, in Algeria e in Francia, fino al 1962. Anche per questo il suo posto tra i leader rimane piuttosto in ombra, come altri di quel primo gruppo che aveva preso la decisione storica per le sorti dell’Algeria.

Ma soprattutto Othmane testimonia di una classe di militanti, più ampia di quanto non appaia ufficialmente, che faranno una scelta originale e per certi versi “rivoluzionaria” rispetto a tanti altri leader. Per questo la scomparsa della sua figura si limita nella stampa algerina al ricordo della sua appartenenza al “Gruppo dei 22”.

Fin dalle sue origini il nazionalismo algerino è contraddistinto da rivalità non solo politiche ma anche personali e di potere. Othmane è stato tra coloro che ha scelto di tenersi in disparte e per questo non ha assunto, dopo l’indipendenza, nessuna carica pubblica.

Era stato messo in lista per l’elezione a deputato a sua insaputa, ma ha preteso che la sua candidatura fosse ritirata: «non ho combattuto per il potere ma per le future generazioni. La nostra missione è terminata con l’indipendenza». Qualche anno fa constatava con amarezza, a proposito dell’Ufficio postale della via dedicata al fratello, che il suo timbro portasse ancora l’antica denominazione ai tempi dei francesi.

Pur partecipando a colloqui e seminari, si è tenuto alla larga dalla scrittura della storia della rivoluzione algerina, perché «non è la storia, ma sono delle storie che ognuno scrive alla propria maniera». E citava, non senza un certo divertimento, l’aver scoperto, nel corso della visita a un cimitero di caduti della rivoluzione in una città a ovest di Algeri, che il suo nome e la sua fotografia figuravano nel cippo a loro dedicato.

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