Non accenna a diminuire la tensione tra Etiopia e Somalia, ai ferri corti dal 1° gennaio quando Addis Abeba ha firmato un memorandum d’intesa con lo stato-regione indipendente del Somaliland – che Mogadiscio considera parte del suo territorio – in base al quale concede all’Etiopia 20 chilometri della sua costa per realizzare un porto commerciale.
Lo scorso 20 settembre il ministero degli Esteri somalo ha accusato Addis Abeba di aver inviato una “spedizione non autorizzata di armi e munizioni” nella regione semiautonoma del Puntland. Un’azione, precisa il ministero, che “costituisce una grave violazione della sovranità della Somalia e pone serie implicazioni per la sicurezza nazionale e regionale”.
Il comunicato – che non specifica quando questo sia avvenuto – parla di “prove documentate” che “hanno confermato l’arrivo di due camion che trasportavano armi dall’Etiopia alla regione del Puntland, eseguiti senza alcun impegno diplomatico o autorizzazione”.
Non è la prima volta che Mogadiscio accusa Addis Abeba di aver fatto entrare nel paese armamenti. Sempre senza fornire più dettagli, la stessa nota parla di un altro carico spedito con un aereo a Baidoa, nella regione centro-meridionale di South West.
Lo scorso 15 agosto poi, il ministero della Sicurezza interna ha puntato ancora il dito contro l’Etiopia, responsabile, a suo dire, di aver fatto entrare illegalmente nella regione centrale di Galmudug un carico di armi e munizioni.
I due camion che le trasportava sarebbero stati inizialmente sequestrati dalle forze di sicurezza governative a “commercianti illegali di armi” e poi attaccati dalle milizie locali Marehan che si sarebbero impossessate del carico dopo ore di combattimenti vicino alla città di Abudwaq, nei pressi del confine etiopico.
Le accuse sono tate bollate come “infondate” dal ministero degli Esteri etiopico.
L’ingresso di armi, cresciuto dopo la rimozione dell’embargo decisa nel dicembre 2023 dalle Nazioni Unite, oltre ad alimentare il gruppo qaedista al-Shabaab che ancora controlla ampie zone del territorio, rischia di nutrire le mai sopite tensioni tra milizie claniche.
A maggior ragione dopo la contrastata approvazione della nuova legge che archivia la nomina su base clanica dei membri del parlamento, introducendo per la prima volta elezioni a suffragio popolare diretto. Una legge contestata dal Puntland che per questo ha “sospeso” la cooperazione con le istituzioni centrali.
L’Egitto a difesa di Mogadiscio
Ad infiammare ancor più la tensione interna è anche l’accordo di difesa siglato da Mogadiscio con l’Egitto, pronto a fornire armamenti e sostegno militare alla Somalia per “difendere la sua sovranità territoriale” contro l’Etiopia.
Un’intesa contro la quale si sono schierati alcuni stati federali, in particolare le regioni del South West, Bay, Lower Shabelle e Bakol, al confine con l’Etiopia, che sullo schieramento di militari etiopi nell’ambito della Missione di transizione dell’Unione Africana (ATMIS) hanno fino ad oggi potuto contare per garantire la loro sicurezza.
A Waajid, la seconda città più grande della regione di Bakol, il 18 settembre scorso centinaia di persone hanno protestato lungo le strade, portando cartelli con slogan come “non vogliamo l’Egitto” e “benvenuta Etiopia”.
Una tensione che si è riverberata all’interno del parlamento federale la scorsa settimana, quando circa due dozzine di legislatori che rappresentano lo stato di South West nella Camera bassa, si sono espressi con forza a favore delle manifestazioni pro-etiopi nella regione di Bakol, mentre altri, sempre dello South West, si sono schierati contro.
ATMIS sta operando un graduale ritiro che dovrebbe completarsi entro il 31 dicembre di quest’anno. Al suo posto, dal 1° gennaio 2025, è previsto lo schieramento di un’altra forza di mantenimento della pace, denominata Missione di supporto e stabilizzazione dell’Unione Africana in Somalia (AUSSOM), che in base a una decisione del governo somalo non avrà più forze etiopi, sostituite proprio da truppe egiziane.
È previsto che il Cairo invii circa 5mila uomini nell’ambito di questa nuova missione, e altre 5mila a sostegno dell’esercito, in base, appunto, al nuovo accordo di difesa tra Egitto e Somalia.
Un avvicendamento che non piace alle autorità della regione di Gedo, nello stato sud-occidentale di Jubaland, al confine con l’Etiopia, che hanno dichiarato chiaramente che non accetteranno la presenza di militari egiziani nel loro territorio.
L’intesa è ovviamente malvista anche dallo stato indipendentista del Somaliland che la scorsa settimana ha chiuso una biblioteca egiziana ad Hargeisa e ha ordinato al personale espatriato di andarsene.